Corte di Cassazione

20 Aprile 2019

Cass. Civ., Sez. Trib., ordinanza 21-6-2017, n. 15444

Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 21 giugno 2017, n. 15444

Fatto e diritto

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016, osserva quanto segue;

La CTR della Campania – sezione staccata di Salerno – con sentenze nn. 5425, 5426, 5427, 5428, 5429, tutte depositate il 5 giugno 2015, non notificate, accolse gli appelli proposti nei confronti del sig. A. G. dal Comune di Casal Velino, avverse le sentenze della CTP di Salerno, che avevano accolto i ricorsi proposti dal contribuente avverso gli avvisi di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per ICI per gli anni 2007 — 2011.

Avverso le suddette pronunce della CTR il contribuente ha proposto unico ricorso cumulativo per cassazione affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria.

L’intimato Comune non ha svolto difese.

Va preliminarmente dato atto dell’ammissibilità dell’unico ricorso cumulativo proposto avverso le anzidette sentenze rese in un unico contesto dalla CTR della Campania — sezione staccata di Salerno, aventi tutte identica motivazione e dispositivo, dipendendo i distinti rapporti giuridici d’imposta tutti dalla risoluzione dell’identica questione di diritto comune a tutte le cause (cfr. Cass. sez. un. 16 febbraio 2009, n. 3692 e, tra le successive conformi, Cass. sez. 5, 7 maggio 2010, n. 11186; Cass. sez. 5, 30 giugno 2010, n. 15582; Cass. sez. 5, 3 aprile 2013, n. 8075).

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo che il Comune non avrebbe provato i presupposti di fatto sui quali aveva fondato la propria maggiore pretesa impositiva.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando che, ove anche fosse comprovata la circostanza che negli anni oggetto di accertamento la sig.ra L. C., moglie del ricorrente, avesse la propria residenza anagrafica in Salerno e godesse in relazione all’immobile ivi posseduto dell’agevolazione ai fini ICI di cui all’art. 8 succitato, essa risulterebbe irrilevante ai fini della decisione, dovendo intendersi la residenza familiare come espressione di un dato fattuale.

Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., esponendo che in realtà proprio il precedente di questa Corte invocato dall’ente impositore a sostegno della propria pretesa, con riferimento alla specifica situazione del nucleo familiare del ricorrente, avrebbe dovuto indurre la CTR a riconoscere il diritto a godere dell’agevolazione tributaria in questione.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

Essi si basano sul comune presupposto che l’onere probatorio di dimostrare che l’immobile sito nel Comune di Casal Velino, luogo di residenza anagrafica del ricorrente, non costituisse dimora abituale anche della famiglia, spettasse all’ente impositore.

Ciò si scontra, peraltro, con l’affermazione, riportata da ciascuna delle sentenze impugnate, secondo cui allo stesso ricorso del contribuente era allegata copia del certificato di residenza in Casal Velino del ricorrente e quello di residenza in Salerno della moglie del ricorrente sig.ra L. C..

A ciò consegue che deve ritenersi pacifica, in fatto, la sussistenza, per gli anni d’imposta in questione, di due differenti situazioni quanto alla residenza anagrafica di ciascuno dei componenti il menzionato nucleo familiare (che sarebbe costituito dai soli marito e moglie, essendo pacificamente i figli, come riferito dallo stesso ricorrente, dimoranti in Bolzano).

A fronte di tale situazione, avuto riguardo alla modifica normativa apportata all’art. 8 del d. lgs. n. 504/1992 ad opera dell’art. 1, comma 173, lett. b) della 1. n. 296/2006, con decorrenza dal 1° gennaio 2007 (primo anno delle annualità d’imposta oggetto di accertamento nella fattispecie in esame) per quanto qui rileva, perché possa farsi luogo alla detrazione d’imposta occorre che l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale del soggetto passivo «intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica», precisando ancora l’ultimo periodo dell’art. 8 del citato decreto n. 504/1992 che «per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente […] e i suoi familiari dimorano abitualmente».

Il principio espresso da questa Corte con la richiamata, nella proposta del relatore, sentenza Cass. sez. 5, 15 giugno 2010, n. 14389, secondo cui in tema di ICI, ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall’art. 8 del d. lgs. n. 504/1992, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari, rapportato alla fattispecie in esame, va dunque inteso, a fronte di presunzione difforme derivante dalle risultanze anagrafiche dei due componenti il nucleo familiare, nel senso che l’essere l’unità immobiliare sita in Casal Velino destinata a dimora abituale (art. 43, comma 2, c.c.) comune di marito e moglie doveva essere comprovato dal contribuente, per superare la presunzione relativa posta dal succitato art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992.

E appena, infine, il caso di rilevare come il ricorso e la consequenziale memoria depositata in atti dal ricorrente – la quale ultima mostra di non avere colto il senso del richiamo al precedente citato Cass. n. 14389/2010 nella proposta del relatore depositata in atti ai fini della fissazione dell’adunanza in camera di consiglio – che si muovono nel perimetro delle denunciate, insussistenti, alla stregua di quanto sopra osservato, ipotesi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non abbiano in alcun modo censurato, nei limiti in cui ciò risultava ancora possibile, secondo l’attuale formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, laddove esso ha escluso che l’immobile sito in Casal Velino alla Via Napoli n. 93 costituisse dimora abituale non solo dell’odierno ricorrente, ma anche della moglie L. C..

Il ricorso va dunque rigettato per manifesta infondatezza.

Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo svolto difese il Comune intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.

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