Corte di Cassazione

1 Maggio 2019

Cass. Civ., Sentenza 28 maggio 2014, n. 11967

CORTE DI CASSAZIONE –  Civile, Sentenza 28 maggio 2014, n. 11967

Tributi – Accertamento – Rettifica del valore dell’immobile – Stima UTE motivata per relationem – Illegittimità

Fatto

1. La società I. S.R.L., in atti qualificata, ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, contro l’Agenzia delle Entrate. Questa resiste con controricorso.

La controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento, notificato alla I. S.R.L. il 18 luglio 2002, con il quale il competente ufficio rettificava alla data del 31.12.1992, ai fini invim, il valore di un immobile che la società ha venduto con atto registrato l’11 agosto 2000, al prezzo dichiarato di lire 600 milioni.

L’ufficio ha rettificato il valore dichiarato di lire 600 milioni, riferito all’11 agosto 2000, portandolo a lire un miliardo e 194 milioni, alla data del 31.12.1992, sul rilievo che trattandosi di ima struttura alberghiera non più funzionante dal 1990, l’immobile, originariamente di pregio, aveva subito un progressivo deprezzamento.

La rettifica era supportata da una relazione di stima dell’UTE redatta l’11 luglio 2002, come si legge anche nella narrativa della sentenza della CTR.

2. A sostegno del ricorso introduttivo del giudizio, la società contribuente eccepiva, tra l’altro, la violazione dell’art. 7 della legge 212/2000, sul rilievo che la stima UTE aveva tenuto conto dei valori indicati in atti notarili non allegati, risalenti peraltro al 1999 e non al 1992.

La Commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ricorso della società. La Commissione regionale, invece, ha ritenuto legittimo l’operato dell’ufficio, considerando sufficiente la motivazione dell’accertamento mediante rinvio alla stima dell’UTE.

3. A sostegno dell’odierno ricorso, la società contribuente prospetta sei motivi.

Diritto

1. Con i primi due motivi di ricorso, la società denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo dell’omessa pronuncia, e dell’art. 52, comma 2 bis, del d.p.r. 131/1986, sul rilievo che la CTR ha ignorato la censura relativa alla omessa allegazione, all’avviso di accertamento e alla stima ute, degli atti-parametro e che, comunque, ha ritenuto implicitamente non necessaria l’allegazione di tali atti. Tanto più che si tratta di atti del 1999, mentre il valore va determinato alla data del 31.12.1992, e che l’immobile in questione presenta caratteristiche peculiari (struttura alberghiera dismessa) non facilmente riscontrabili, per cui diventava essenziale il loro esame per apprezzarne la valenza parametrica.

A corredo dei motivi, la ricorrente formula i seguenti quesiti di diritto:

a) dica la Corte «se l’omessa pronuncia del Giudice dell’ appello sulla specifica censura formulata dalla ricorrente, con la quale si è contestata la illegittimità dell’avviso di rettifica impugnato per omessa allegazione degli atti-parametro richiamati per relationem nella relativa motivazione, integri un difetto di attività del giudice che si risolve nella violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato previsto dall’art. 112 del c.p.c.»;

b) dica la Corte «se è illegittimo, per carenza di motivazione, l’avviso di rettifica ai fini INVIM del valore al 31.12.1992 di un immobile, redatto attraverso la comparazione con il valore accertato per immobili di altri atti di trasferimento non allegati, dei quali immobili, nella motivazione dell’atto impositivo, non si indichi né la consistenza, né la descrizione o lo stato dei luoghi al 31.12.1992».

2. Il ricorso è fondato in relazione a alle due censure, che vanno esaminate congiuntamente, perché complementari. Nella specie, la CTR ha ritenuto “legittimo l’accertamento che rinvia alla stima dell’UTE”, ignorando o comunque ritenendo che anche l’ulteriore rinvio dalla stima agli atti- parametro fosse legittimo e non occorresse allegarli o riprodurne i contenuti. Tale conclusione non è conforme a diritto.

L’avviso di accertamento che è all’origine del contenzioso è stato notificato dopo l’entrata in vigore del comma 2 bis dell’art. 52 d.p.r. 131/1986, aggiunto dall’art. 4, comma 1, del d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, in forza del quale se la motivazione di un atto di accertamento fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, a pena di nullità, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

È pacifico, in punto di fatto che la stima UTE, sulla cui base si regge l’accertamento in questione, non era corredato degli atti-parametro, tanto è vero che l’Agenzia delle Entrate, nel controricorso si difende sostenendo che l’ufficio non avrebbe potuto allegare gli atti richiamati per ragioni di privacy.

Osserva però il Collegio che la mancata allegazione comporta la nullità dell’avviso di accertamento notificato alla società ricorrente, senza che possa sortire alcun effetto l’eccezione riferita alla tutela della privacy, trattandosi di un adempimento obbligatorio ex lege (v. art. 24, comma 1, lett. a del d. lgs. 196/2003, c.d. codice della privacy). Nella specie, poi, la violazione assume particolare rilievo perché è difficile ipotizzare che gli atti-parametro avessero ad oggetto strutture immobiliari comparabili con quella in contestazione (alberghi, ma di quale livello? ed in quale stato di abbandono?), né risulta che gli atti stessi siano stati prodotti in giudizio (ma questo profilo non è oggetto di censura).

Pertanto, i primi due motivi di ricorso vanno accolti, la sentenza impugnata va cassata e la controversia va decisa nel merito con accoglimento del ricorso introduttivo della società contribuente e conseguente dichiarazione di nullità dell’avviso di accertamento impugnato dalla società stessa, assorbiti gli altri motivi.

La peculiarità della controversia, sorta a ridosso della riforma dell’art. 52 d.p.r. 131/1986, quando ancora non vi era una giurisprudenza di riferimento, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio, anche in considerazione del differente esito dei due gradi di merito.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente e dichiara la nullità dell’atto impugnato. Compensa le spese dell’intero giudizio.

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