Consiglio di Stato Sez. III – Sentenza 23 Settembre 2019, n. 6282
Sentenza del Consiglio di Stato (sezione III) n. 6282 del 23 settembre 2019, in materia edilizia nella quale si dice che l’acquirente di un’area per la quale, anteriormente all’atto di acquisto, è stata stipulata una convenzione urbanistica per la realizzazione di opere di urbanizzazione, è tenuto all’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
CONSIGLIO DI STATO – SEZIONE III
Sentenza 23 Settembre 2019, n. 6282
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3848 del 2019, proposto dalla società Althea Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mascia Fumini, Lidia Scantamburlo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Asl Brindisi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio Nunzio Cesare Friolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Barbara Cataldi in Roma, corso Risorgimento 11;
nei confronti
Ge Healthcare Italia S.r.l. non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 00164/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 settembre 2019 il Cons. Umberto Maiello e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il gravame in epigrafe l’appellante agisce per l’annullamento e/o riforma della sentenza del TAR per la PUGLIA, Sezione staccata di Lecce, Sez. II, n. 164 del 31 gennaio 2019 con la quale è stato respinto il ricorso proposto da Althea Italia s.p.a. avverso la consultazione preliminare di mercato indetta ai sensi dell’art. 66 del D. Lgs. n. 50 del 2016 s.m.i., datata 17 dicembre 2018, pubblicata sul profilo dell’Amministrazione resistente ed avente ad oggetto l’individuazione di “operatori economici diversi dal costruttore, con le capacità economiche e professionali adeguate al fabbisogno dell’Azienda Sanitaria Locale di Brindisi per il servizio di assistenza tecnica full-risk per n. 1 sistema PET/TAC in dotazione e uso presso la UOC Medicina Nucleare del PO Perrino di Brindisi”.
A sostegno dello spiegato gravame l’appellante espone preliminarmente che:
– Althea è società leader in Italia nella gestione integrata delle tecnologie e apparecchiature biomedicali, elettromedicali, scientifiche e informatiche, nonché parte integrante di Althea Group, principale gruppo pan-europeo nei servizi dedicati all’healthcare. Althea è in possesso della certificazione ISO 13485, che rappresenta uno standard valutativo per la certificazione di sistemi di gestione della qualità per chi progetta, produce, commercializza, installa e offre assistenza tecnica nel settore dei dispositivi medici;
– l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brindisi ha avviato, in data 17 dicembre 2018, una consultazione preliminare di mercato, ai sensi dell’art. 66 del Codice e per effetto del comma 8 dell’art. 31 della L.R. n. 4 del 2010, avente ad oggetto l’individuazione di “operatori economici, diversi dal costruttore, con le capacità economiche e professionali adeguate al fabbisogno dell’Azienda Sanitaria Locale di Brindisi per il servizio di assistenza tecnica full-risk per n. 1 sistema PET/TAC prodotto dalla ditta GE Health Care e installato presso la UOC Medicina Nucleare del PO Perrino di Brindisi“;
– in particolare, nella determinazione n. 04/297 del 28 novembre 2018, l’Azienda muove dalla premessa che l’unico operatore economico con le capacità scientifiche e tecniche necessarie per il servizio di manutenzione in argomento sia il costruttore o un suo consociato, richiedendo i requisiti minimi di seguito indicati che valgono a precludere a priori la partecipazione a concorrenti che non hanno tecnici formati dal produttore ovvero che non abbiano rapporti di collegamento e/o accordi commerciali con il produttore del dispositivo:
– “disporre di tutte le parti di ricambio originali necessarie a non far decadere la marcatura CE”;
– siano “formati ed autorizzati” (si ipotizza i tecnici dell’operatore economico atteso che il testo della Consultazione non è chiaro) “dal fabbricante ad intervenire sulla apparecchiatura”;
– “personale tecnico” che sia “costantemente istruito per la manutenzione sia on site che da remoto dal produttore”;
– “disporre di strumenti e tools hw/sw originali per la manutenzione sia on site che in remoto”;
Da qui la proposizione – non potendo disporre dei suddetti requisiti – di una mirata impugnativa innanzi al TAR per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, che, però, con la sentenza appellata, ha respinto il ricorso.
Il giudice di prime cure ha, invero, ritenuto che gli atti gravati fossero sufficientemente idonei a dar conto delle ragioni che, per le peculiari caratteristiche della PET/TAC – dispositivo medico per un verso rivolto a porre in essere prestazioni essenziali ed insuscettibili di interruzione e, per altro verso, connotato da eccezionale complessità, – risultava indispensabile usufruire dei servizi di assistenza e manutenzione svolti direttamente dal produttore del macchinario o, comunque, da parte di soggetti che avessero disponibilità dei necessari pezzi di ricambio ‘originali’ e che, inoltre, possedessero le indispensabili autorizzazioni per l’accesso ai software protetti da copyright e all’impiego di patch e hotfix per i software installati, nonché, infine, che si servissero di personale tecnico abilitato dalla ‘casa madre’ a intervenire sugli apparati in oggetto; ciò, anche al fine di conservare in maniera certa i requisiti essenziali di sicurezza del dispositivo medico indicati nell’allegato I della Direttiva CEE 93/42 – la cui perdita, peraltro, come pure chiarito dalla difesa della ASL, incide sul regime della responsabilità per eventuali difetti nel funzionamento del D.M.
Avverso tale decisione, con il gravame in epigrafe, Althea deduce che:
a) contrariamente a quanto ritenuto dal TAR non potrebbe assurgere ad argomentazione dirimente “la specificità/complessità dei macchinari PET/TAC e dei software installati>> e, più in generale, la delicatezza della funzione diagnostica delle apparecchiature su cui deve essere effettuata la manutenzione. Ferma restando l’inconferenza del passaggio argomentativo sulle delicatissime funzioni diagnostiche svolte dal macchinario, il TAR non avrebbe, invero, tenuto conto del fatto che quando si “acquista” un dispositivo diagnostico si acquista anche la documentazione tecnica e il software di gestione per la manutenzione, che, pertanto, è di proprietà della stessa stazione appaltante, non potendo dunque ritenersi predicabili limitazioni da copyright. Il proprietario della macchina ha piena facoltà di accedere all’hardware e ai software del dispositivo medico;
b) la Stazione appaltante avrebbe fatto un uso erroneo e distorto dello strumento di cui all’art. 66 Codice Appalti in quanto violativo del quadro normativo e regolamentare di riferimento fissando requisiti di partecipazione limitativi della concorrenza” a monte” e non – come invece dovrebbe essere – “a valle” della Consultazione“, affermando” e “identificando” i requisiti del manutentore con quelli del “produttore” in tal modo concorrendo a restringere la concorrenza in tale ambito;
c) il giudice di prime cure non avrebbe, inoltre, colto l’insufficienza del corredo motivazionale dell’atto impugnato, siccome incentrato su statuizioni inidonee e non coerenti con la disciplina di riferimento. In particolare, l’art. 3 del D. Lgs. n. 46 del 1997, in attuazione della Direttiva 93/42/CEE concernente i dispositivi medici, nello stabilire che tali dispositivi possono essere immessi in commercio qualora siano “oggetto di un’adeguata manutenzione”, nulla stabilisce in merito alle qualità e alle caratteristiche dei soggetti chiamati ad operare. Né la necessità che il servizio venga svolto dal produttore emerge dalla Raccomandazione n. 9 di aprile 2009 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, la quale si limita a prescrivere che i manutentori devono possedere un’esperienza comprovata e specifica nel settore e devono essere adeguatamente formati preferibilmente (ma non esclusivamente) presso gli stessi produttori;
d) tutti i pezzi di ricambio (perfettamente equivalenti agli originali) dei quali Althea dispone sono dotati di apposita marcatura CE, pertanto, anche secondo gli standard europei, sono del tutto equiparati agli originali, tenuto conto che, in linea di principio, la normativa europea (Direttiva 93742/ECC “Dispositivi Medici”) prevede che la manutenzione sui dispositivi elettromedicali possa essere effettuata usando anche parti “compatibili” e che Althea è in possesso della certificazione ISO 13485.
L’appello è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di seguito indicati.
La consultazione preliminare di mercato qui in contestazione ha ad oggetto i tratti tipizzanti del futuro affidamento di servizi di manutenzione per una apparecchiatura elettromedicale a elevata tecnologia e/o particolarmente complessa e di rilevanza strategica quale il sistema PET/TAC in dotazione ed uso presso la UOC Medicina Nucleare del PO Perrino di Brindisi.
Giova rammentare che le doglianze attoree involgono, in particolare, la previsione di requisiti di idoneità ai fini della partecipazione, che, nella prospettazione dell’appellante, assumono una valenza preclusiva e prevedono, tra l’altro, la disponibilità:
– di “tecnici formati ed autorizzati dal fabbricante ad intervenire sull’apparecchiatura”,
– di personale tecnico “costantemente istruito per la manutenzione on site che da remoto dal produttore”;
– e di “parti di ricambio originali necessarie a non far decadere la marcatura CE”.
A tali previsioni, nella lettura critica veicolata con il mezzo qui in rilievo, farebbe seguito un ingiustificato effettivo restrittivo della concorrenza in quanto risulterebbe, in apice, impedito l’accesso alla prestazione in argomento, salvo che al produttore ovvero ad operatori economici in rapporti qualificati con il costruttore, a qualsivoglia impresa di settore, sebbene in possesso di esperienza, idonea certificazione, personale tecnico altamente qualificato e parti di ricambio perfettamente equivalenti agli originali.
Orbene, non può dubitarsi che, nel caso di specie, il macchinario qui in rilievo sia espressione di una sofisticata tecnonologia cui si riconnette, per quanto di più diretto interesse, un’elevata complessità e specificità manutentiva resa ancor più particolare dalla necessità di utilizzare appropriati software di gestione e di diagnostica che implicano anche la conoscenza e la disponibilità giuridica o quanto meno un’autorizzazione d’uso delle relative chiavi di accesso.
Del pari, è di tutta evidenza come il dispositivo medico in argomento sia rivolto a porre in essere prestazioni essenziali ed insuscettibili di interruzione.
Ciò nondimeno, ritiene il Collegio come le restrizioni ordinariamente registrate in tale peculiare mercato nell’accesso ab externo a tali imprescindibili dati, per quanto nota e fatta oggetto di apposita indagine dell’AGCM, non costituisca, di per sé, e con la pretesa automaticità, fattore giustificativo del passivo recepimento di comportamenti obiettivamente distorsivi della concorrenza, dovendo piuttosto verificarsi, di volta in volta, e con specifico riferimento alla singola situazione, se tali difficoltà si traducano effettivamente in vincoli cogenti e giuridicamente non superabili da parte della stazione appaltante sì da imporsi ad essa come realtà immodificabile di cui, in assenza di alternative praticabili, dover prendere atto.
E ciò anche in presenza di un servizio da rendere con elevati standard qualitativi ed in tempi immediati in un ambito particolare come quello qui in rilievo.
Com’è noto, l’art 66 del codice dei contratti pubblici, riferito alle “Consultazioni preliminari di mercato”, nel recepire la direttiva 2014/24/UE (artt. 40 e 41) così dispone: 1. Prima dell’avvio di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono svolgere consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento della relativa procedura e per informare gli operatori economici degli appalti da esse programmati e dei requisiti relativi a questi ultimi.
2. Per le finalità di cui al comma 1, le amministrazioni aggiudicatrici possono acquisire consulenze, relazioni o altra documentazione tecnica da parte di esperti, di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel presente codice, o da parte di autorità indipendenti. Tale documentazione può essere utilizzata nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto, a condizione che non abbia l’effetto di falsare la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza.
Il successivo art 67, relativo alla “Partecipazione precedente di candidati o offerenti”, stabilisce: 1. Qualora un candidato o un offerente o un’impresa collegata a un candidato o a un offerente abbia fornito la documentazione di cui all’articolo 66, comma 2, o abbia altrimenti partecipato alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto, l’amministrazione aggiudicatrice adotta misure adeguate per garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente stesso. La comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell’offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, nonché la fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte costituisce minima misura adeguata.
2. Qualora non sia in alcun modo possibile garantire il rispetto del principio della parità di trattamento, il candidato o l’offerente interessato è escluso dalla procedura. In ogni caso, prima di provvedere alla loro esclusione, la amministrazione aggiudicatrice invita i candidati e gli offerenti, entro un termine comunque non superiore a dieci giorni, a provare che la loro partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non costituisce causa di alterazione della concorrenza.
3. Le misure adottate dall’amministrazione aggiudicatrice sono indicate nella relazione unica prevista dall’articolo 99 del presente codice.
Nella lettura giurisprudenziale più accreditata del quadro normativo sopra richiamato (sintetizzata da ultimo nel parere licenziato dal CdS, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Adunanza di Sezione del 17 gennaio 2019) si è evidenziato che l’istituto delle consultazioni preliminari di mercato è una semplice pre-fase di gara, non finalizzata all’aggiudicazione di alcun contratto, risolvendosi in uno strumento a disposizione della stazione appaltante con cui è possibile avviare un dialogo informale con gli operatori economici e/o con soggetti comunque esperti dello specifico settore di mercato onde acquisire quelle informazioni di cui è carente per giungere ad una migliore consapevolezza relativamente alle disponibilità e conoscenze degli operatori economici rispetto a determinati beni o servizi.
In tale ottica, le consultazioni preliminari ben possono costituire lo strumento attraverso il quale accertare l’eventuale infungibilità di beni, prestazioni, servizi, che costituisce la premessa necessaria per derogare al principio della massima concorrenzialità nell’affidamento dei contratti pubblici. Al riguardo, con le proprie linee guida n. 8 del 13 settembre 2017, l’ANAC ha condivisibilmente chiarito che per fare luogo all’affidamento mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando spetta alla stazione appaltante verificare rigorosamente l’esistenza dei presupposti che giustifichino l’infungibilità del prodotto o servizio che si intende acquistare.
Coerentemente, il comma 8 dell’art. 31 della Legge Regionale n. 4/2010, prevede che prima di procedere all’acquisizione di beni infungibili è necessario avviare una specifica istruttoria intesa ad accertare se sussistono ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela dei diritti di esclusiva in grado di confermare se sul mercato sia presente un’unica impresa in grado di garantire la fornitura con il grado di perfezione tecnica richiesto.
In definitiva, l’adozione di scelte limitative del confronto concorrenziale si giustifica solo se sostenuta da specifica motivazione sulla sostanziale impossibilità della stazione appaltante, rigorosamente accertata, di soddisfare le proprie esigenze rivolgendosi indistintamente al mercato.
Le consultazioni di mercato possono costituire, dunque, “lo strumento per acquisire le informazioni necessarie per svolgere la richiamata istruttoria e per fondare la conseguente motivazione” ovvero per validare le conoscenze già aliunde acquisite.
In tale ultima evenienza è di tutta evidenza come le determinazioni acquisite devono essere incontrovertibili, sì da rendere addirittura inutile il sondaggio pubblico dovendo altrimenti risultare strutturalmente cedevoli a fronte di un possibile diverso esito del sondaggio in questione.
Tanto premesso, e prima di trarre conclusioni nel solco delle suindicate premesse ed in coerenza con i dati istruttori acquisiti agli atti del giudizio, di seguito analizzati, deve preliminarmente rilevarsi come l’avviso qui in contestazione muove dalla indefettibilità dei requisiti soprarichiamati sì da rendere l’indagine avviata dall’ASL di Brindisi orientata, ab imis, nell’acquisizione di ulteriori informazioni che non mettono in discussione tali indefettibili premesse, di per se stesse sottratte al sondaggio, che, pertanto, per i profili suddetti, non è aperto alla verifica delle alternative di mercato disponibili, avendo, per converso, l’Amministrazione ritenuto, vincolandosi fin d’ora a tali statuizioni, un elemento indefettibile per la stessa manifestazione di interesse il possesso da parte degli operatori interessati della formazione certificata dal produttore e l’utilizzo da parte loro di ricambi originali.
In altri termini, la consultazione di mercato qui in rilievo non è ad ampio raggio ma presuppone una prima forte restrizione del mercato, definito sulla scorta dei requisiti tracciati in modo rigido e vincolante dalla stazione appaltante e si rivolge, dunque, esclusivamente agli operatori che, in via di mera tesi, ed in aggiunta al fornitore, già posseggano tali requisiti.
Tanto giustifica la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attuale appellante che, pertanto, risulta, a cagione delle suddette condizioni, già in partenza irrimediabilmente escluso dalla suddetta competizione, non essendo le dette condizioni reversibili.
Invero, per come rilevato dallo stesso giudice di prime cure i contenuti della consultazione hanno determinato, in apice, un’evidente, drastica riduzione della platea dei possibili concorrenti, limitando l’apertura al mercato a quei soggetti i quali, in ragione ad esempio di rapporti convenzionali con il costruttore, fossero in condizione di intervenire sul dispositivo medico con livelli di efficienza eguali a quelli che avrebbe assicurato il costruttore stesso e in modo tale da impedire ogni possibile decadenza dalle responsabilità di quest’ultimo.
Tanto premesso, rileva il Collegio che il suddetto approdo, nell’introdurre le limitazioni oggetto di contestazione, può dirsi solo in parte giustificato dalla disciplina di settore.
Com’è noto, già la direttiva 93/42/CEE, all’art. 2 prevede che Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i dispostivi possano essere immessi in commercio e/o messi in servizio unicamente qualora rispondano alle condizioni prescritte dalla direttiva, siano correttamente forniti e installati, siano oggetto di un’adeguata manutenzione e siano utilizzati in conformità della loro destinazione.
Nei medesimi termini dispone l’articolo 5 comma 1 del Reg. (CE) 05/04/2017, n. 2017/745/UE ( che abroga la suindicata direttiva e che, per quanto di più diretto interesse, entrerà in vigore nel 2020) a mente del quale Un dispositivo può essere immesso sul mercato o messo in servizio solo se è conforme al presente regolamento qualora sia debitamente fornito e correttamente installato, oggetto di un’adeguata manutenzione e utilizzato conformemente alla sua destinazione d’uso.
Da parte sua, il d. lgs. n. 46 del 24.2.1997 prevede, sul versante nazionale, che i dispositivi possono essere immessi in commercio o messi in servizio unicamente se rispondono ai requisiti prescritti dal presente decreto, sono correttamente forniti e installati, sono oggetto di un’adeguata manutenzione e sono utilizzati in conformità della loro destinazione.
Correttamente la stazione appaltante evidenzia che debba essere individuato nel Fabbricante (art. 1 lett f della direttiva) il soggetto tenuto a garantire il rispetto dei RES (Requisiti Essenziali di Sicurezza) e quindi la corretta apposizione della marcatura CE, sicché dovrà essere quest’ultimo – che ha svolto l’Analisi dei rischi e che conserva il Fascicolo Tecnico – che dovrà dare istruzioni agli altri soggetti che entrano in contatto con il dispositivo medico circa le fasi successive alla immissione in commercio. Lo stesso principio regolatorio è recepito nel d.lgs. 46/1997, allegato 1 sui requisiti generali.
Orbene, il manuale d’uso dell’apparecchiatura in argomento (cfr. stralcio prodotto sub. doc. 5 del fascicolo di primo grado), tra le indicazioni generali sulla sicurezza di pg. 2-12, prescrive di “Utilizzare solo apparecchiature GE approvate per questo sistema. Non caricare sul computer alcun software non approvato da GE”.
Tanto premesso, dovendo la stazione appaltante muoversi nel solco delle prescrizioni della casa produttrice – che presidiano un uso sicuro dell’apparecchiatura suggellata dalla marchiatura CE – può ritenersi comprovata, in mancanza di elementi di segno diverso contraddistinti da pregnante valenza dimostrativa, la ravvisata necessità di utilizzo solo di “parti di ricambio originali necessarie a non far decadere la marcatura CE”.
Lo stesso però non è a dirsi, anzitutto, quanto alla prescritta disponibilità delle chiavi di accesso ai software di gestione, controllo e di diagnostica, rispetto ai quali la stazione appaltante non ha formalmente contestato l’intervenuta acquisizione unitamente al dispositivo e, comunque, all’opposto comprovato il mantenimento del regime di privativa in capo alla società fornitrice. Nelle consultazioni preliminari la stazione appaltante deve informare il mercato, con congruo anticipo, circa le proprie intenzioni di acquisto, invitando gli operatori economici a suggerire e a dimostrare la praticabilita’ di soluzioni alternative a quelle che porterebbero a concludere per l’esistenza di un unico fornitore, ma, ai fini in questione, le suddette sollecitazioni devono muovere da un quadro fattuale e giuridico di sicura affidabilità quanto ai vincoli che, nella prospettazione dell’Amministrazione, condizionano la possibilità di un effettivo confronto concorrenziale.
Nel caso in esame, l’Amministrazione, anche nel corso del giudizio, non ha fornito alcun elemento che comprovi il proprio assunto quanto all’esclusività in capo al singolo operatore del Know How legato ai software di accesso e di manutenzione. E ciò nonostante tale assunto sia stato fatto oggetto di specifica contestazione e senza contare che l’onere di dimostrare che sussistono effettivamente le circostanze eccezionali che giustificano una deroga grava su colui che intenda avvalersene» (Cfr. per tutte la Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05). In tal modo, resta frustrato in partenza lo scopo primario che assolve l’istituto, ossia quello di superare eventuali asimmetrie informative che fanno velo ad un’effettiva conoscenza del mercato.
Ed alle stesse conclusioni deve addivenirsi rispetto ai requisiti richiesti in capo al personale tecnico chiamato ad effettuare la manutenzione, laddove, in aggiunta ai necessari requisiti di specializzazione e di elevata qualificazione, imponga anche la formazione presso la stessa casa produttrice, evenienza questa non desumibile dal manuale d’uso prodotto in giudizio (che si limita a richiedere personale qualificato ed adeguatamente addestrato) né suffragata da fonti diverse.
La stessa raccomandazione dei Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche sociali n. 9 del 2009, richiamata dalla parte appellata e volta a fornire a tutte le strutture sanitarie “alcuni elementi fondamentali per la manutenzione dei dispositivi medici”, si limita a prevedere che “i tecnici biomedici direttamente impiegati per le attività di manutenzione, siano essi interni o esterni, devono possedere un’esperienza comprovata e specifica nel settore e devono essere adeguatamente formati, preferibilmente presso gli stessi produttori delle tecnologie di cui realizzano la manutenzione”, senza dunque imporre come dato cogente ed insuperabile tale particolare modalità di formazione che, pertanto, ammette, almeno in potenza, la possibilità di opzioni alternative secondo il regime ordinario della equivalenza.
Ne discende che la previsione che identifica come idoneo il solo personale tecnico munito di apposita abilitazione rilasciata dalle aziende produttrici (con esclusione di tutti gli altri tecnici specializzati, anche se eventualmente esperti nella manutenzione di apparecchiature identiche per tipologia e funzioni, ma prodotte da altre aziende) non risulta sorretta da una perspicua dimostrazione giustificativa.
Conclusivamente, nei limiti suddetti, l’appello va accolto e, per l’effetto, s’impone, in parte qua, la parziale riforma della sentenza appellata.
La formulazione in via meramente ipotetica della ulteriore richiesta di accertare e dichiarare l’inefficacia del contratto d’appalto, ove medio tempore stipulato, è, di per sé, circostanza sufficiente a reggere una statuizione di rigetto. Ciò vieppiù è a dirsi quanto alla riserva di formulare istanza di risarcimento dei danni subiti e subendi.
Le spese del doppio grado di giudizio, in ragione della reciproca soccombenza e della peculiarità della vicenda scrutinata, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, annulla gli atti impugnati nei limiti indicati in parte motiva.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli, Presidente
Giulio Veltri, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore