TAR

29 Aprile 2019

TAR Marche, sentenza del 3 luglio 2015, n. 568

TAR Marche, sentenza del 3 luglio 2015, n. 568 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 37 del 2015, proposto da: 
Istituto Muzio Gallo, rappresentato e difeso dall’avv. Guerrino Ortini, con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Naspi in Ancona, Via Ruggeri, 3/I;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche, Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, Comune di Osimo, n.c.;

per l’annullamento

– del procedimento di verifica dell’interesse culturale di un bene immobile denominato ex-colonico sito in località Campocavallo, alla via Settefinestre n. 29 di Osimo, segnato al foglio catastale n. 105 part. 93 sub 1, 2, 3, di proprietà dell’Istituto Muzio Gallo, avviato il 18/03/2014 dalla Direzione Regionale del Ministero per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche (prot.1558 del 18/3/2014);

– del decreto n. 167 dell’8/10/2014 (notificato il 20 ottobre 2014 successivo), emanato dal Ministero per i Beni e per le Attività Culturali e del Turismo – Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, con il quale l’immobile denominato ex-colonico situato nel Comune di Osimo (AN) in località Campocavallo, via Settefinestre 29, segnato al foglio catastale n. 105 part. 93 sub 1, 2, 3 di proprietà dell’Istituto Muzio Gallo, è dichiarato di interesse storico artistico ed architettonico ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. 22/01/2004 n. 42 e s.m.i. e rimane quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela del predetto d.lgs. 42/2004;

– di ogni altro atto presupposto, precedente, contemporaneo e/o successivo comunque connesso e conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I. L’Istituto Muzio Gallo è stato fondato nel 1945 quale Ente morale senza scopo di lucro per volere della contessa Ida Fregonara Gallo, in memoria del defunto consorte Muzio, ed è dotato di un proprio patrimonio immobiliare prevalentemente destinato agli scopi e alle attività dell’Ente medesimo.

Dal 2001, a seguito di privatizzazione, ha mutato la propria configurazione giuridica in fondazione, pur mantenendo inalterati gli scopi statutari originari.

Tra le proprietà della fondazione vi è un fabbricato ex colonico situato in località Campocavallo del Comune di Osimo, rispetto al quale, con istanza del 12 marzo 2014, indirizzata alla Direzione Regionale dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo delle Marche, l’Ente ha richiesto la verifica dell’interesse culturale ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 42/2004.

Con gli atti in questa sede impugnati l’Amministrazione ha concluso il procedimento dichiarando l’immobile in questione di interesse storico-artistico ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004, con la conseguenza che esso è assoggettato al regime di tutela di cui al predetto decreto.

A sostegno del gravame parte ricorrente deduce:

1) violazione del termine di 120 giorni previsto dall’art. 12 del d.lgs. n. 42/2004 per la conclusione del procedimento, stante il disposto dell’art. 27, comma 10, del d.l. n. 269/2003, in base al quale la mancata comunicazione dell’esito della verifica nel termine di 120 giorni dalla ricezione della scheda equivale ad esito negativo della verifica stessa;

2) assenza e, comunque, carenza di motivazione sia con riferimento al decreto impugnato, sia con riferimento alla lettera di accompagnamento allo stesso;

3) violazione degli artt. 7, 8, 10 e 10 bis della legge n. 241/1990 e dell’art. 14 del d.lgs. n. 42/2004;

4) difetto di istruttoria, contraddittorietà dell’azione amministrativa, eccesso di potere per ingiustizia manifesta e sviamento;

5) violazione del principio di affidamento.

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Alla pubblica udienza del 4 giugno 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

II. Tanto premesso in fatto, si osserva in diritto quanto segue.

II.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

La disposizione di cui all’art. 12 del d.lgs. 42/2004 ha introdotto un vincolo culturale in forza di una presunzione di legge, superabile soltanto a seguito di una verifica negativa finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale e – conseguentemente – al definitivo esonero dall’applicazione delle disposizioni di tutela dei beni culturali (art. 12, comma 4), anche in vista di una loro eventuale sdemanializzazione (art. 12, commi 5 e 6). Diversamente, in caso di conferma dell’interesse culturale presunto, le cose di cui all’art. 10 del medesimo d.lgs. 42/2004 restano definitivamente sottoposte alle disposizioni di tutela del codice dei beni culturali, ai sensi dell’art. 12, comma 7 (TAR Liguria, Genova, sez. I, 19 maggio 2014, n. 787).

Ciò posto, la norma invocata dall’Ente ricorrente (art. 27, comma 10, del d.l. n. 269/2003) a sostegno della tesi secondo cui la mancata conclusione del procedimento nel termine di 120 giorni equivale a verifica negativa, è stata definitivamente abrogata dall’art. 6, comma 1, lettera c), del d.lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

Conseguentemente, in mancanza di una espressa disposizione volta ad attribuire valenza significativa al silenzio, vale il principio in base al quale il superamento del termine legale di 120 giorni per la conclusione del procedimento, ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 42/2004, non comporta la consumazione del potere di vincolo, in tal modo non determinando alcun effetto viziante su provvedimento comunque adottato in ritardo (Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3894).

II.2. Neppure sussiste il lamentato difetto istruttorio e di motivazione, atteso che i motivi posti a base del vincolo sono dettagliatamente esplicitati nella relazione storico artistica architettonica della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche datata 12.9.2014, inviata alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche con nota prot. 14019 del 17.9.2014, ricevuta in data 19.9.2014 con protocollo n. 4951, espressamente richiamata nel decreto impugnato, da intendersi, per tale ragione, motivato per relationem.

In particolare, in detta relazione si evidenzia che l’immobile in questione conserva i caratteri architettonici costruttivi e gli elementi strutturali originali legati all’edilizia rurale tipica delle case coloniche marchigiane monofamiliari e possiede una significativa valenza antropologica che caratterizza lo scenario rurale delle Marche, che oggi si tende il più possibile a preservare.

Già tali argomentazioni appaiono sufficienti a giustificare la valutazione tecnico-discezionale dell’Amministrazione, a prescindere da qualsiasi ulteriore specificazione o istruttoria, atteso che gli elementi di interesse storico-architettonico evidenziati nella relazione sono ben riconoscibili ad un occhio esperto anche dalla sola consultazione della documentazione grafica e fotografica a corredo della pratica. Ad ogni modo, a conferma delle verifiche effettuate, la soprintendenza cita espressamente, in documenti pubblici, un sopralluogo del 12 settembre 2014, rispetto al quale la ricorrente lamenta l’inesistenza di un verbale o di qualsiasi altra prova, senza tuttavia fornire elementi di prova contraria idonei a smentire che dette verifiche in loco siano state effettivamente condotte.

In ogni caso, la giurisprudenza ha chiarito che “Le valutazioni in ordine all’esistenza di un interesse storico-artistico su un immobile, tali da giustificare l’apposizione del relativo vincolo, costituiscono espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità tecnica, sia momenti di propria discrezionalità amministrativa. Tale valutazione è espressione di una prerogativa esclusiva dell’amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta da valutarsi nella sua portata complessiva, sicché, in presenza di valutazioni di interesse storico-artistico fondate su una pluralità di indici rivelatori, non è sufficiente che alcuni soltanto di essi palesino aspetti di particolare opinabilità per infirmare nel complesso la validità delle conclusioni raggiunte, ma è necessario che la sommatoria delle lacune individuate risulti di tale pregnanza da compromettere nel suo complesso l’attendibilità del giudizio espresso dall’organo competente” (Cons. Stato, VI, 30 giugno 2011, n. 3894).

Nel caso in esame, il Collegio non ravvisa elementi di contraddittorietà o illogicità evidenti da dubitare della validità e attendibilità della complessiva valutazione posta in essere dall’Amministrazione, sicchè, anche sotto tale profilo, l’atto impugnato si rivela immune dai vizi dedotti.

II.3. Quanto all’asserita violazione delle garanzie partecipative, essa non sussiste, dal momento che trattasi di un procedimento avviato su iniziativa di parte, della cui esistenza la ricorrente era perfettamente a conoscenza per poter partecipare; trattasi, peraltro, di un procedimento volto alla verifica dell’interesse culturale di un immobile conclusosi con un accertamento positivo, rispetto al quale non si intravvede alcun obbligo di preavviso, quest’ultimo necessario nell’ipotesi in cui debba provvedersi al rigetto di una istanza, nella fattispecie non sussistente.

Occorre infine precisare che l’omessa indicazione nel provvedimento del nominativo del responsabile del procedimento non costituisce motivo d’invalidità del provvedimento medesimo, posto che supplisce il criterio legale d’imputazione del ruolo al dirigente preposto all’Unità organizzativa competente (Cons. Stato, III, 24 settembre 2013, n. 4694).

II.4. Parimenti destituita di fondamento è la censura con cui si lamenta la violazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 42/2004, atteso che la comunicazione al proprietario possessore o detentore a qualsiasi titolo del bene, contente gli elementi di identificazione e di valutazione della cosa risultanti dalle prime indagini, l’indicazione degli effetti previsti dal comma 4, nonché l’indicazione del termine, comunque non inferiore a trenta giorni, per la presentazione di eventuali osservazioni, è prescritta dalla norma per la sola ipotesi in cui il procedimento per la dichiarazione dell’interesse culturale del bene medesimo è avviata dall’Amministrazione; nel caso di specie, come sopra precisato, il procedimento è stato avviato su iniziativa di parte.

III. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

IV. Per la peculiarità e la parziale novità delle questioni trattate, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Francesca Aprile, Primo Referendario

Simona De Mattia, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSOREIL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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