Corte di Cassazione

1 Maggio 2019

Cass., Sentenza 25 giugno 2014, n. 14417

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 giugno 2014, n. 14417

Tributi – Imposta di registro – Conferimento di tutte le quote in una nuova azienda – Elusione – Sussiste

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 29-9-2008, la commissione tributaria regionale della Toscana ha respinto l’appello dell’agenzia delle entrate, ufficio di Grosseto, contro la sentenza con la quale la locale commissione tributaria provinciale aveva accolto un ricorso proposto da M.S. e F.T., nonché dalla Società C. s.r.l., quale incorporante l’ Azienda M. di T.F. s.a.s., contro un avviso di liquidazione d’imposta proporzionale di registro e irrogazione di sanzioni, emesso sul presupposto che l’atto di costituzione della M.E. s.a.s., attuato mediante conferimento di un’azienda agraria di proprietà del M.S. e i successivi atti di cessione delle quote sociali dal M.S. medesimo a favore dei soci F.B. e F.E.T. erano da ritenere avvinti da intento unitario di cessione dell’azienda, così dovendo essere considerati ai fini dell’imposta di registro.

La commissione tributaria regionale ha invece affermato che l’atto sottoposto a tassazione era stato unicamente quello di costituzione della s.a.s.; donde la finalità elusiva non poteva collegarsi all’effettuazione di questo, dal momento che l’intrinseca natura e gli effetti giuridici erano stati quelli propri del corrispondente atto negoziale.

Contro la sentenza d’appello l’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi.

Si sono costituiti con controricorso il M.S. il T.F. e la Società A. s.r.l.

Questi hanno infine depositato una memoria.

Motivi della decisione

I. – Coi citati due motivi, l’amministrazione ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1362 c.c., 20, 23, 41 del d.p.r. n. 131-86 e dell’art. 4 della tariffa, parte I, allegata al d.p.r., e il vizio di insufficiente motivazione della sentenza.

Le imputa di non aver tenuto conto della necessità di riqualificare l’intera operazione come cessione di azienda in ragione della consequenziale cessione della totalità delle quote della neo—costituita s.a.s.; e di non aver dato adeguata motivazione del rigetto dell’appello in relazione a quanto evidenziato – ben vero fin dall’atto impositivo – circa le dichiarazioni fornite alla g.d.f. dal conferente M.S a proposito della funzione essenziale della costituzione della società in rapporto al fine di cedere la proprietà dell’azienda.

II. – I motivi, tra loro connessi e suscettibili di unitario esame, sono fondati.

Nella sentenza si dice che la ripresa era stata riferita all’atto di costituzione della società, il quale tuttavia era stato riqualificato dal punto di vista degli effetti come cessione d’azienda, realizzata mediante conferimento in società e susseguente cessione di tutte le quote sociali.

La commissione tributaria ha negato simile possibilità di riqualificazione in ragione del fatto che sottoposto a registrazione era stato unicamente l’atto di costituzione della società, e ha sostenuto che la finalità antielusiva dell’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 non poteva nella specie configurarsi in difetto di un intento negoziale chiaramente rivolto a conseguire il risultato dell’elusione.

Tuttavia la commissione ha reso la decisione sulla base di una valutazione solo atomistica degli atti menzionati. E dunque ha infranto il principio di diritto, più volte da questa corte affermato, secondo il quale l’art. 20 assume la funzione di privilegiare in tutti i casi “la intrinseca natura e gli effetti giuridici”, rispetto al titolo o alla forma apparente degli atti sottoposti a registrazione, finanche allorché l’operazione si sia concretizzata in atti o negozi plurimi, tra loro collegati.

III. – L’autonomia contrattuale nella scelta degli strumenti ritenuti più idonei per il conseguimento dello scopo perseguito e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi a esso preordinati restano difatti circoscritte sul piano della regolamentazione formale degli interessi delle parti, e non si estendono alla loro rilevanza fiscale (cfr. tra le tante Cass. n. 10273-07; n. 3584-12; n. 14150-13; n. 17965-13).

In questo specifico senso l’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986 introduce un criterio di qualificazione autonomo rispetto alle ordinarie ipotesi interpretative civilistiche, che impone di tener conto, nella qualificazione dell’atto, della sua causa reale e degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, anche qualora siano stati stipulati, pure in tempi diversi, più atti (v. da ultimo Cass. n. 3932-14).

E non sussiste la necessità di dimostrare il fine di abuso o di elusione fiscale, così come invece implicitamente ritenuto dalla commissione tributaria, giacché tutta la questione si riduce all’esatta interpretazione del citato art. 20.

IV. – Può osservarsi d’altronde che l’’impugnata sentenza non ha dato conto neppure della valutazione delle prove dall’amministrazione dedotte a sostegno del proprio assunto.

Nel ricorso risulta trascritta la dichiarazione fornita dal conferente l’azienda M. alla g.d.f., cui l’avviso di liquidazione aveva  fatto esplicito riferimento.

In quella dichiarazione si legge che era stata “valutata la disponibilità dei T. di acquistare” l’azienda della famiglia M..

E che, “considerata l’indecisione da parte della (..) famiglia a proseguire l’attività”, era stata costituita la s.a.s., cui era  stata conferita l’azienda, al fine “di mantenere la proprietà dell’azienda ed allo stesso tempo conservare i contatti con l’ipotetico acquirente”. Dopo di che – ancora risulta dalla dichiarazione di M.S. riportata in ricorso – “stabilito che la (…) famiglia non aveva intenzione di proseguire tale attività”, era stato “deciso di cedere definitivamente l’azienda”.

In ordine alla rilevanza di una simile, esplicita, dichiarazione di intento la motivazione della sentenza risulta del tutto carente. Non è dato comprendere, infatti, da cosa sia stata sorretta l’affermazione, della commissione tributaria regionale, negativa al riguardo; affermazione di significato anche oscuro, in base alla quale “la dichiarazione dell’interessato (..) è in realtà la dimostrazione di un’incertezza, che avrebbe ben potuto approdare anche al risultato opposto, rispetto alla cessione di quote e azienda”.

V. – L’impugnata sentenza, affetta dai riferiti errori di diritto e motivazionale, va quindi cassata con rinvio alla medesima commissione tributaria, diversa sezione, la quale rinnoverà l’esame della controversia adeguandosi ai sopra citati principi di diritto.

La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Toscana.

Ultimi articoli

Corte di Cassazione 25 Settembre 2023

Corte di Cassazione, II sezione civile, sentenza 26 luglio 2023, n. 22566

Famiglia: dopo la morte del marito, anche la moglie separata, ma senza addebito, può rimanere nella casa familiare in virtù del diritto di uso e abitazione.

Corte di Cassazione 25 Settembre 2023

Corte di Cassazione, III sezione civile, ordinanza 25 luglio 2023, n. 22250

Colpa professionale (1): è comunque il notaio che risarcisce la banca per l’ipoteca sbagliata e questo quand’anche l’istituto di credito poteva accorgersi dell’errore.

Corte di Cassazione 25 Settembre 2023

Corte di Cassazione, II sezione civile, ordinanza 13 luglio 2023, n. 20066

Divisione: configura donazione indiretta la rinuncia all’azione di riduzione da parte di un legittimario.

Corte di Cassazione 27 Luglio 2023

Corte di Cassazione, I sezione civile, sentenza 26 giugno 2023, n. 18164

Fondo patrimoniale: il giudice delegato non può acquisire al fallimento il fondo patrimoniale.

torna all'inizio del contenuto Realizzazione siti internet Campania