Corte di Cassazione

6 Luglio 2020

Cass. Pen., Sez. VI, sentenza 29 Mggio 2020, n. 16496.

Corte di Cassazione, VI sezione penale, sentenza 29 maggio 2020, n. 16496. Quote pignorate: è reato vendere a terzi le quote pignorate della srl anche se la cessione avviene prima che l’esecuzione forzata sia iscritta nel registro delle imprese.


Ritenuto in fatto


1. Con ordinanza del 19 settembre 2019 il Tribunale di Bari, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M. ex artt. 310 e 322-bis cod. proc. pen. avverso l’ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Bari del 6 luglio 2018, che rigettava la richiesta di sequestro preventivo nei confronti di N.P., indagato in concorso con P.P. del delitto di cui agli artt. 110, 388 comma 3, cod. pen., ha disposto il sequestro preventivo delle quote di partecipazione da lui detenute nella società agricola “L.B. s.r.l.”, sul rilievo che egli, nella qualità di legale rappresentante di quella società, pur avendo ricevuto notifica di un atto di precetto e di un atto di pignoramento delle quote prima della loro cessione in favore della figlia G.G.P., cedeva a quest’ultima, senza l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, le quote di cui era titolare, così sottraendole alla procedura di esecuzione forzata avviata a seguito del pignoramento richiesto dalla società creditrice “G.M. s.p.a.”

2. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore del predetto indagato, deducendo in primo luogo violazioni di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 2471 cod. civ., sull’assunto che il pignoramento di quote societarie si esegue mediante notificazione al debitore ed alla società, ma necessariamente si completa con la successiva iscrizione nel registro delle imprese, sulla base di una disciplina che richiama quella del pignoramento immobiliare, laddove il Tribunale ha erroneamente affermato che l’efficacia dichiarativa della trascrizione non poteva essere di ostacolo alla sussistenza del fumus del reato in contestazione e non ha tenuto conto del fatto che il pignoramento si è completato con la trascrizione dopo molti giorni dalla cessione delle quote.

Nel caso di specie, peraltro, neanche poteva presumersi la conoscenza del pignoramento in assenza di un atto formalmente rivolto a N.P., che ne ha ricevuto notifica solo in data 22 febbraio 2018, ossia quando le quote societarie erano state già alienate con atto pubblico del 15 febbraio 2018.

2.1. Analoghe censure vengono dedotte, unitamente al vizio di omessa motivazione, con il secondo motivo di ricorso, che lamenta la erronea valutazione dei presupposti indicati dall’art. 321 cod. proc. pen., ed in particolare del periculum in mora, che il Tribunale ha immotivatamente desunto dalla presunta intenzione di rivendere a terzi le quote sociali (acquistate, peraltro, ad un prezzo di gran lunga superiore a quello che era il loro effettivo valore, come attestato in una relazione peritale depositata nell’ambito della stessa procedura esecutiva).


Considerato in diritto


1. Il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni qui di seguito indicate.

2. Con riferimento alla questione dedotta con il primo motivo, relativamente alla nozione di bene sottoposto a pignoramento agli effetti del terzo comma dell’art. 388 cod. pen. (ora quinto comma a seguito dei nuovi due commi inseriti dall’art. 9 del d. Igs. n. 63/2018), si ritiene corretta l’interpretazione seguita dal Tribunale là dove ha individuato l’essenza dell’atto di pignoramento nell’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che si assoggettano alla espropriazione.

Le ulteriori formalità previste dalla normativa processuale civile in relazione alla diversa natura dei beni, immobili, mobili o crediti, da sottoporre ad esecuzione forzata ed alle differenti discipline che ne regolano l’opponibilità rispetto ai terzi, non assumono rilevanza agli effetti penali, ma solo ai fini del perfezionamento del pignoramento agli effetti della prosecuzione della procedura civile di espropriazione forzata, secondo le diverse forme proprie dell’espropriazione immobiliare, mobiliare e presso terzi.

Agli effetti penali, non può esservi dubbio che sin dal momento in cui il debitore abbia ricevuto l’ingiunzione prevista dall’art. 492 cod. proc. civ. da parte dell’ufficiale giudiziario di astenersi dal sottrarre i beni individuati e dei quali abbia la titolarità all’atto del pignoramento, ogni condotta dal medesimo posta in essere, per disperdere i predetti beni e per sottrarli alla procedura espropriativa, possa integrare il reato previsto dal comma quinto dell’art. 388 cod. pen., indipendentemente dal perfezionamento di quelle ulteriori formalità che la legge civile prescrive ai fini della validità ed efficacia del pignoramento per la prosecuzione della procedura esecutiva.

Con riferimento al pignoramento di una partecipazione di società a responsabilità limitata, che non può essere rappresentata da titoli azionari e che non è quindi assimilabile ai beni mobili, è opportuno ricordare che, dopo l’abolizione del libro dei soci delle società a responsabilità limitata con la legge 28 gennaio 2009, n. 2, di conversione del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, ai fini del perfezionamento del pignoramento è richiesta come necessaria formalità costitutiva l’iscrizione nel registro delle imprese a norma del nuovo testo dell’art. 2471 cod. civ., mentre è stata soppressa la formalità dell’annotazione nel libro dei soci.

Il citato articolo prevede espressamente che il pignoramento della quota di partecipazione di una società a responsabilità limitata, “si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese”.

Nella giurisprudenza civile di legittimità, prima della riforma del diritto societario ad opera del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, per l’espropriazione della quota prevista dall’art. 2480 cod. civ. ed assoggettata alle forme dell’espropriazione presso terzi ex art. 543 e ss. cod. proc. civ. prevista per i diritti di credito, si riteneva che il pignoramento della quota di società a responsabilità limitata per essere opponibile al terzo acquirente della medesima non richiedesse oltre alla notifica alla società anche l’annotazione nel libro dei soci, perché non espressamente prevista; con la conseguenza che la quota oggetto di trasferimento iscritto nel libro dei soci dopo la notifica del pignoramento alla società poteva essere assoggettata alla procedura espropriativa anche se il relativo atto di pignoramento non fosse stato iscritto nel libro dei soci, rilevando solo l’anteriorità della notifica alla società rispetto all’annotazione del trasferimento della quota, tenuto conto che «l’acquirente si immette nel possesso della quota ed è messo nelle condizioni di esercitare i diritti inerenti lo “status” di socio dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci» (Sez. civ. 3, n. 10826 del 16/05/2014, Rv. 631001).

Tale disciplina è poi cambiata con la legge di riforma del diritto societario, che ha espressamente previsto la formalità dell’iscrizione nel registro delle imprese ai fini della costituzione del vincolo del pignoramento, oltre a prevedere l’obbligo per gli amministratori della società di procedere all’annotazione nel libro dei soci, formalità quest’ultima, come detto, poi soppressa con l’abolizione del libro dei soci per effetto della cit. legge n. 2/2009 cit.

Con l’entrata in vigore della nuova normativa in materia societaria, si è consolidato nella giurisprudenza civile di legittimità il principio secondo cui in tema di pignoramento della partecipazione a società a responsabilità limitata, il conflitto tra il creditore pignorante e l’acquirente della partecipazione stessa deve essere risolto a norma dell’art. 2914, n. 1, cod. civ., quindi, in base allo stesso criterio che disciplina gli effetti del pignoramento immobiliare, o dei beni mobili iscritti nei pubblici registri, senza cioè che rilevi lo stato soggettivo di buona fede, perché si è ritenuto non applicabile l’art. 2470, comma 3, cod. civ. (v. Sez. 3, n. 20170 del 18/08/2017, Rv. 645500).

L’art. 2914, comma 1, cod. civ. stabilisce, in particolare, che “non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento: 1) le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, che siano state trascritte successivamente al pignoramento”.

L’art. 2740 cod. civ., nel disciplinare l’efficacia della pubblicità degli atti di trasferimento delle partecipazioni di una s.r.l., stabilisce, al terzo comma, che “se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l’iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore”.

In materia societaria, quindi, per la soluzione dei conflitti fra più titolari di diritti sul medesimo bene è previsto un criterio diverso da quello che vale per i trasferimenti immobiliari, nonché per i trasferimenti di beni mobili registrati (cfr. 2644 cod. civ. e art. 2688, secondo comma), nel senso che, nel sistema di pubblicità tramite iscrizione nel registro delle imprese, l’iscrizione è requisito necessario, ma non sufficiente, per l’opponibilità ai terzi degli atti medesimi, poiché chi per primo ha trascritto prevale sugli atti compiuti in data anteriore, ma non trascritti, solo se abbia agito in buona fede, cioè ignorando di ledere l’altrui diritto.

Come è noto, invece, in tema di trascrizione immobiliare, colui che ha trascritto per primo prevale comunque senza che rilevi la verifica della condizione soggettiva di buona fede.

Tuttavia, nonostante la diversità del sistema di pubblicità, secondo il più recente orientamento della Cassazione Civile sopra citato (Sez. 3, n. 20170 del 18/08/2017, cit.), si è osservato che, « sebbene l’alienazione della partecipazione della s.r.l. non si “trascriva” nei pubblici registri, ma si “iscriva” nel registro delle imprese -così come d’altronde anche il pignoramento – e sebbene non vi sia dubbio che la pubblicità commerciale, quanto agli effetti traslativi, non sia equiparabile alla pubblicità immobiliare, non sussistono ostacoli significativi all’applicazione dell’art. 2914 n. 1 cod. civ. al fine di dirimere il conflitto tra l’acquirente della partecipazione sociale ed il creditore pignorante».

3. Ne discende che l’assimilazione della disciplina dei conflitti tra creditore pignorante e terzo acquirente, per il pignoramento della partecipazione a società a responsabilità limitata rispetto a quella del pignoramento immobiliare, impone di affrontare la questione dell’efficacia ai fini penali della pubblicità del vincolo di indisponibilità del bene sottoposto a pignoramento senza poter distinguere le due forme di pignoramento, atteso che il conflitto tra creditore pignorante ed acquirente della partecipazione viene risolto in base al medesimo criterio della priorità della iscrizione nel registro delle imprese, senza che rilevi lo stato soggettivo di buona o mala fede.

Cionondimeno, si deve ribadire che agli effetti penali la iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di pignoramento della quota societaria, sebbene equiparabile alla trascrizione nei registri immobiliari ai fini della procedura esecutiva, non rileva invece agli effetti dell’integrazione del reato di sottrazione di beni sottoposti a pignoramento.

Il diverso orientamento citato dal ricorrente, secondo cui non integra il reato di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento l’atto di disposizione di un bene immobile compiuto dopo la notifica dell’atto di pignoramento ma prima della trascrizione di quest’ultimo, è frutto di una non convincente analisi degli effetti che una tale interpretazione comporta sotto il profilo della offensività del fatto e sul piano soggettivo del principio di colpevolezza.

Si tratta di un orientamento giurisprudenziale (cfr. Sez. 6, n. 29154 del 03/06/2015, Fiorentino, Rv. 264118, che aderisce alla più risalente Sez. 6, n. 35854 del 06/05/2008, Leggio, Rv. 241247) che muove dall’apprezzamento del mero dato formale della funzione costitutiva, e non solo meramente dichiarativa, che la trascrizione assume per la formazione del vincolo di indisponibilità a favore del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione.

Si è al riguardo osservato che, poiché l’essenza del pignoramento sarebbe data dal vincolo di indisponibilità che consegue alla trascrizione, il trasferimento del bene che precede la formazione del vincolo non potrebbe comportare la sottrazione del bene al pignoramento, perché questo non si è ancora perfezionato.

Ma siffatto principio, affermato sulla base della funzione costitutiva, e non solo meramente dichiarativa, che la trascrizione assume nel dar vita al vincolo d’indisponibilità, conduce ad un effetto paradossale, perché finisce con ravvisare il reato soltanto rispetto ad atti di alienazione che in quanto trascritti dopo la trascrizione del pignoramento, ed essendo come tali inefficaci rispetto alla procedura esecutiva, non potrebbero mai avere l’effetto di sottrarre il bene alla procedura espropriativa.

È evidente, invece, che la sottrazione dei beni sottoposti a pignoramento che la norma punisce non può che essere precipuamente riferita a quegli atti di disposizione che, posti in essere dopo ed in violazione dell’ingiunzione rivolta al debitore di non compiere atti di distrazione e dispersione del bene, proprio perché antecedenti alla trascrizione o l’iscrizione da cui consegue l’efficacia del vincolo di indisponibilità del bene rispetto ai terzi, hanno l’effetto di sottrarre il bene alla procedura esecutiva.

L’opponibilità ai terzi del vincolo di indisponibilità rileva, quindi, solo ai fini della procedura esecutiva, nel senso che ai fini della successiva vendita forzata del bene il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscere tutela ai terzi acquirenti che in forza dello specifico regime legale di pubblicità degli atti traslativi non possono essere pregiudicati da un pignoramento che non sia loro opponibile.

Ma l’essenza del pignoramento, quanto meno agli effetti penali, non è data dalla opponibilità del vincolo di indisponibilità rispetto ai terzi, che muta in ragione del diverso regime legale di pubblicità degli atti di trasferimento del bene pignorato, ma piuttosto dal suo contenuto precettivo, che rimane sempre identico in tutte le forme di espropriazione forzata, e che si sostanzia nell’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario rivolge al debitore di astenersi dal compiere atti diretti a sottrarre il bene alla procedura espropriativa, secondo il chiaro tenore dell’art. 492 cod. proc. civ., che ne fornisce la seguente descrizione: “Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore dì astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi”.

La diversa opzione interpretativa non è condivisibile anche perché recepisce agli effetti penali quelle presunzioni che sono sottese allo specifico regime di pubblicità degli atti traslativi immobiliari o dei beni mobili soggetti ad un identico regime di pubblicità basato sull’iscrizione in pubblici registri, e che, per come ritenuto dalla giurisprudenza civile di legittimità, operano allo stesso modo ai fini dell’opponibilità del pignoramento di una partecipazione di società a responsabilità limitata per la soluzione del conflitto tra il creditore pignorante e l’acquirente della quota pignorata.

L’irrilevanza della condizione soggettiva di buona o di malafede, se ha una giustificazione coerente in ordine al rispetto del valore della certezza dei rapporti giuridici, risulta del tutto distonica rispetto al principio di colpevolezza che è alla base della responsabilità penale e che richiede invece l’accertamento in concreto, caso per caso, della condizione soggettiva di buona o di mala fede, ritenuta invece irrilevante sul piano civile per il criterio normativo della prevalenza accordata in astratto, ovvero a prescindere da una verifica dello stato soggettivo nel caso concreto, e sulla base della priorità assoluta dell’ordine temporale delle trascrizioni-iscrizioni nei pubblici registri.

Con l’importante conseguenza che se, ai fini della procedura esecutiva, l’acquirente che abbia iscritto il proprio atto di acquisto nel registro delle imprese prima che sia stato iscritto l’atto di pignoramento, può far salvo detto acquisto sottraendolo alla procedura forzata sebbene compiuto successivamente alla notificazione dell’ingiunzione rivolta al debitore esecutato, e ciò in forza del principio secondo cui prevale sempre ed in ogni caso chi abbia trascritto-iscritto per prima indipendentemente dalla buona fede, tuttavia, ai fini penali, ove risulti accertata la sua malafede, e quindi il dolo, anche il predetto acquirente sarà chiamato a rispondere del reato previsto dall’art. 388, comma 5, cod. pen. a titolo di concorso con il debitore esecutato.

Né una tale interpretazione è foriera di disarmonie tra l’ordinamento civile e quello penale, perché se è vero che l’acquisto operato, sia pure in mala fede, dal terzo prevale sul pignoramento iscritto dopo, ciò non preclude che anche sul piano dell’ordinamento processuale-civile siano previsti specifici strumenti di tutela volti a rimuovere gli effetti pregiudizievoli di un negozio posto in essere in accordo fraudolento con il debitore in pregiudizio delle ragioni del creditore (azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ.).

4. Le censure dal ricorrente proposte con il secondo motivo di doglianza, in relazione ai presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in mora, sono invece inammissibili perchè generiche e manifestamente infondate.

Al riguardo va ammentato che il ricorso in cassazione in materia di misure cautelari reali può essere proposto solo per violazione di legge e non anche per vizio di motivazione.

Nel caso di specie, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente, neppure può ravvisarsi l’ipotesi della mera apparenza della motivazione, equiparabile alla totale assenza della stessa, che comporterebbe, in tesi, la violazione di legge ex art. 125 cod. proc. pen. per la assenza di un elemento fondamentale dell’atto.

Il provvedimento impugnato, invero, ha offerto una motivazione congrua ed esaustiva sugli elementi di base necessari per configurare gli indizi di reato quali richiesti ex art. 321 cod. proc. pen. che, com’è noto, in materia di misure cautelari reali non richiede la “gravità degli indizi”, intesa quale sostanziale certezza di responsabilità allo stato degli atti, ma solo il “fumus boni iuris” inteso come sussistenza di un quadro indiziario minimo, sebbene non limitato alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa.

Le argomentazioni incentrate sulla valorizzazione dei dati relativi ai tempi ed alle modalità di esecuzione delle notificazioni nei confronti dei debitori esecutati P.P. e P.N. dell’atto di pignoramento delle quote della società a responsabilità limitata di cui i predetti erano anche legali rappresentanti, in rapporto ai tempi in cui è intervenuta la cessione delle quote in favore della coindagata P.G.G. (rispettivamente nipote e figlia dei debitori esecutati), oltre alle considerazioni sullo stretto legame parentale intercorrente fra i predetti indagati e a quelle svolte in merito alla sicura consapevolezza da parte del ricorrente dell’intervenuto pignoramento delle quote ancor prima della sua formale iscrizione nel registro delle imprese, non prestano il fianco alle obiezioni del ricorrente, poiché congruamente motivate ed immuni da vizi logico-giuridici utilmente deducibili in questa Sede, laddove le prospettate ragioni di doglianza mirano unicamente a sollecitare una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità.

Per le medesime ragioni, parimenti inammissibili devono ritenersi le censure dal ricorrente mosse in ordine alla configurabilità del presupposto del periculum in mora, che il Tribunale ha motivatamente desunto dalla stessa finalità

fraudolenta della cessione e quindi dal pericolo di ulteriori trasferimenti, evidentemente aggravato dall’assenza dell’iscrizione del vincolo di pignoramento nel registro delle imprese anteriormente all’iscrizione del trasferimento delle quote, necessario presupposto per l’opponibilità del pignoramento nei confronti degli eventuali terzi subacquirenti.

5. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen. per la trasmissione al pubblico ministero ai fini dell’esecuzione del provvedimento impugnato.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.

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