Corte di Cassazione

30 Aprile 2019

Cass. Civ., VI Sez. Pen. 17 marzo 2015, n. 11302

Corte di Cassazione, VI Sezione penale, sentenza 17 marzo 2015, n. 11302.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 1.4.2014 la Corte di appello di Milano, a seguito di gravame interposto dall’imputata L.I. avverso la sentenza emessa il 18.4.11 dal locale Tribunale, in riforma di detta sentenza ha assolto la predetta imputata dal reato ascrittole di cui agli artt. 81 cpv., 388 comma 3 cod. pen. per non aver commesso il fatto.

2. All’imputata – proprietaria del 5% del capitale sociale della Q.F. s.r.l. nonché amministratore unico della stessa società – è ascritta la compartecipazione criminosa nella condotta di sottrazione del 95% delle quote di capitale sociale della predetta società, di proprietà della società A. Immobiliare s.r.l. della quale era amministratore unico II coimputato T., sottoposte a pignoramento su Iniziativa della società C. s.r.l., mediante alienazione, nelle more della trascrizione dell’atto, alla società B.F. s.r.l..

3. I fatti, incontroversi, sono analiticamente descritti nella sentenza di primo grado. Risulta, in particolare, accertato che la società querelante C. s.r.l. aveva provveduto alla esecuzione forzata del credito di 190.000 euro vantato nei confronti della A. Immobiliare s.r.l. per la alienazione a quest’ultima del 95% delle quote sociali della Q.F.

s.r.l. e aveva notificato in data 16/18 ottobre 2007 l’atto di pignoramento delle predette quote. Nelle more della trascrizione nei pubblici registri di detto pignoramento il T., amministratore unico della A. Immobiliare s.r.l. proprietaria delle dette quote, dopo la predetta notifica, ma prima della trascrizione sul registro delle imprese (avvenuta il 12.11.2007), il 26.10.2007 vendeva le quote alla B.F.H. s.r.l. e con il medesimo atto anche la L. vendeva il proprio 5% delle quote. La società acquirente, poi diventata Q.H. s.r.l., aveva mantenuto la L. come amministratrice unica della società.

4. La sentenza impugnata ha mandato assolta la L. ritenendo che non vi sono sufficienti elementi per affermare che l’imputata abbia contribuito in maniera efficiente alla realizzazione dell’illecito, avendo soltanto alienato la quota di propria pertinenza non sottoposta a pignoramento e non potendosi dire necessaria la sua partecipazione per l’alienazione delle quote pignorate.

5. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano deducendo la illogicità e contraddittorietà delle argomentazioni poste a base della decisione liberatoria – e in particolare l’esclusione del contributo efficiente della imputata – avendo questa – ancorché titolare del 5% non oggetto di pignoramento – alienato detta quota in un unico atto unitamente a quella oggetto di pignoramento in capo al L., così fornendo il suo contributo causale all’intera illecita operazione volta ad aggirare il provvedimento del giudice, rispetto alla quale il suo dolo di concorso è ricavato anche dai benefici ottenuti dall’atto di alienazione, avendo assunto la qualità di amministratore della Q.F. Sarebbe, poi, travisata l’assoluzione del Q., sodo di fatto, che non incideva sul ritenuto coinvolgimento della imputata nella decisione di vendere le quote.

6. E’ stata depositata memoria nell’interesse della imputata L.I. con la quale si rappresenta:

6.1. l’inammissibilità del ricorso che si risolve in una richiesta di rilettura degli elementi addotti dalla pubblica accusa al fine di pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, ineccepibilmente – in diritto ed in fatto – ritenuti dalla Corte di merito inidonei ad affermare la responsabilità a titolo concorsuale della L., non emergendo alcunché che possa legittimare il convincimento secondo il quale la condotta lecita ascrivibile alla stessa – volta ad alienare il 5% delle quote non oggetto di pignoramento – fosse necessaria a consentire la realizzazione del fatto tipico da parte del T.

6.2. l’insussistenza del concorso nel reato. Erroneamente il P.G. ricorrente fa riferimento alla elusione del provvedimento di pignoramento attribuendo alla vendita del 5% la natura di conditici sine qua non per la realizzazione del fatto tipico, confondendo il contributo causale nel fatto tipico di reato con l’asserito progetto complessivo, che sarebbe in ipotesi consistito nel trasferire ad altra società (B.F. srl) la totalità delle quote di Q.F. Sarebbe , inoltre, valorizzato – ai fini della dimostrazione del concorso sul piano logico – il vantaggio conseguito dalla Imputata consistito nel mantenimento della qualifica di amministratore unico della società Q.P. srl, mettendo indebitamente sullo stesso plano il contributo causale acquisito ex post. Anche la valorizzazione dell’unico contesto in cui è avvenuta la alienazione delle quote – dalla quale non potrebbe comunque desumersi la relativa imprescindibile necessità – involge una rivalutazione del fatto improponibile in sede di legittimità. Anche la censura fatta dal ricorrente in ordine alla considerazione operata circa la assoluzione dell’amministratore di fatto C. sarebbe fuorviante, risultando del tutto congruo ritenere che se era stata esclusa la responsabilità dell’amministratore di fatto, ancor di pi doveva esserlo per colei che aveva un ruolo ancor meno rilevante.

6.3. insussistenza del reato, in quanto all’atto della alienazione le quote della società non erano ancora sottoposte a pignoramento, posto che non si era realizzata la relativa fattispecie procedimentale bifasica ex art. 555 cod. proc. civ. con la trascrizione del pignoramento nel registro di competenza, non potendosi applicare alla fattispecie il precedente di legittimità richiamato dal ricorrente, relativo al diverso caso del sequestro conservativo del giudice civile.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.

1. Quanto alla pregiudiziale questione della sussistenza dei reato contestata dalla difesa in relazione alla esistenza del pignoramento, va osservato quanto segue.

2. Ai sensi dell’art. 492 comma 1 cod. proc. civ. “il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi”, così realizzando un vincolo di indisponibilità del bene in favore del creditore pignorante. Con riferimento al pignoramento presso terzi è stato affermato che l’atto di intimazione di cui all’art.543 cod. proc. civ. rende immediatamente indisponibili da parte del terzo le cose o le somme da lui dovute, cosi segnando l’efficacia e l’esistenza dello stesso pignoramento (v. Cass. Civ. Sez. 3, n. 1949 del 27/01/2009, Coop Edilcaivano Srl contro Prov. Napoli, Rv. 606615 ) e la dottrina ha chiarito che, dopo la notifica, il pignoramento deve essere iscritto nel registro delle imprese, affinché sia opponibile ai terzi.

3. Il codice civile disciplina, all’art. 2471 cod. civ., la forma del pignoramento di quote di una s.r.I. stabilendo che: “la partecipazione può essere oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese. L’art. 2471 cc prevede, così come nel pignoramento presso terzi , che il pignoramento della quota di SRL debba essere notificata sia al debitore esecutato sia alla società partecipata. Al contempo, così come per il pignoramento immobiliare, l’art. 2471 cc prevede che il pignoramento delle quote di srl debba essere iscritto nel Registro delle Imprese, senza tuttavia specificare se l’incombenza deve essere curata, così come nel pignoramento immobiliare, dall’Ufficiale Giudiziario, salva la possibilità per il creditore procedente di provvedervi da sé, ovvero dal creditore procedente.

4. La quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell’art. 812 cod, civ., per cui ad essa possono applicarsi, a norma dell’art. 813, ultima parte, cod. civ., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, poiché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pan dell’azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti; ne consegue che le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di pignoramento nei confronti del socio che ne è titolare, a nulla rilevando il fallimento della società, che è terzo rispetto al processo esecutivo, cui pertanto non si applica l’art. 51 legge fall.(Cass. Civ. Sez. 3, n. 22361 del 21/10/2009, Modugno contro Curatore Eredità De Cuius D’Agostino ed altri, Rv. 610613).

5. Deve escludersi, quindi, che alte quote sociali si applichi il regime previsto per il pignoramento dei beni immobili dagli artt. 555 e ss. cod. proc. civ.. In ogni caso, va osservato che anche per questa ipotesi è discussa la natura costitutiva della trascrizione, ritenendo una parte della giurisprudenza che tale adempimento è destinato a rendere operante rispetto ai terzi il vincolo processuale cui i beni sono stati sottoposti negando la natura costitutiva della trascrizione ai fini del pignoramento immobiliare ( Cass. civ. Sez. 3, n. 9231 del 16/09/1997, (Rv. 508065), Edilizia Turistica Romana fall, contro S.M. S.r.l.); mentre, altro orientamento ha affermato che, ai fini del pignoramento immobiliare, la trascrizione assume un’importanza determinante per dare vita al vincolo di indisponibilità relativa a favore del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell’esecuzione (Cass. pen. sez. VI n. 35854 del 6.5.08, Leggio).

6. La giurisprudenza di legittimità ha stabilito da tempo, occupandosi di sottrazione di quote di una società sottoposte a sequestro conservativo, che il reato di sottrazione di cose sequestrate o pignorate si ha ogni volta in cui si ponga in essere una azione diretta ad eludere il vincolo, cioè a rendere impossibile o difficile la realizzazione delle finalità cui la cosa, per effetto del vincolo stesso, è rivolta, e ciò anche senza una materiale amotio (Sez. 6, n. 4630 del 07/02/1984, Suppo, Rv. 164271); ancora, più recentemente, è stato affermato che Integra il delitto di elusione dolosa della misura cautelare disposta dal giudice civile la condotta del titolare dì quote di una società, di cui sia stato disposto il sequestro conservativo, che provveda alla loro cessione con l’intento di vanificare l’esecuzione della misura, ancorché tale cessione avvenga prima della formale notifica all’interessato del provvedimento cautelare (Sez, 6, n. 25796 del 03/03/2010, Colella, Rv. 247269), chiarendo che << nella ipotesi di reato di cui all’art. 388 cp.( comma 2, (così come in quella di cui al comma 1, del clt. articolo), invero, il bene protetto, più che l’autorità dei provvedimenti giudiziali, è l’interesse a rendere possibile la loro esecuzione, in vista del soddisfacimento del creditore. L’individuazione di tale ratio della norma è la più coerente con la caratterizzazione legislativa del fatto tipico più in termini di “frode” diretta a frustrare la cennata esecuzione, che di semplice “disubbidienza” al provvedimento giudiziale. Cosi correttamente inteso, il delitto de quo non può non ricomprendere anche la condotta posta in essere indipendentemente dalla formale notifica del provvedimento (cfr. sul punto Sez. 6 n. 1226 del 20.11.85,Buffa, rv. 17768), che sia in sé già esistente, ove la stessa sia comunque deliberatamente diretta a vanificarne l’esecuzione>>. Detto arresto, correttamente richiamato dalla sentenza impugnata, ancorché dettato in tema di sequestro conservativo, può ben essere considerato – mutatis mutandis – anche per il pignoramento in ragione del vincolo di indisponibilità che i due istituti determinano e che, nella ipotesi del pignoramento, viene notificato al debitore attraverso la ingiunzione ex art. 492 cod. proc. civ..

7. In applicazione degli orientamenti di legittimità richiamati, deve – quindi – affermarsi la sufficienza ai fini dell’apposizione del vincolo di indisponibilità della quota sociale di una s.r.l. – sulla base della ricostruzione sistematica ricordata e della ratio sottesa alla norma incriminatrice – della notifica dell’atto di pignoramento al debitore ed alla società, rilevando ai soli fini dichiarativi la successiva iscrizione al registro delle imprese.

8. Pertanto, è stata correttamente affermata la configurabilità del fatto tipico nella alienazione del 95% delle quote oggetto di pignoramento dopo la notifica di quest’ultimo.

9. Giungendo all’esame dei motivi di ricorso della parte pubblica, la Corte ritiene sussistente sia la carenza della motivazione che la illogicità della stessa in relazione alla negazione della ipotesi concorsuale ne) predetto reato in capo alla L.. Sotto II primo aspetto, la esclusione della imputata dal concorso criminoso nella alienazione delle quote societarie della Q.F. s.r.l. sottoposte a pignoramento non considera, da punto di vista storico, la partecipazione della stessa all’unico atto di alienazione attraverso il quale l’intero compendio societario è stato trasferito e, dal punto di vista logico, la successiva posizione di amministratore unico mantenuta dalla stessa Imputata nella società acquirente B.H. s.r.l., poi diventata C.H. s.r.l.., sintomaticamente apprezzata – invece – dalla prima sentenza sotto il profilo della consapevole partecipazione della imputata alla operazione elusiva. Sotto il secondo aspetto, illogica risulta detta esclusione rispetto alla pur ritenuta natura simulata dell’alienazione delle quote societarie.

10. La sentenza deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.

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