Corte di Cassazione

20 Aprile 2019

Cass. Civ., VI sez. civ, ordinanza 2 ottobre 2017, n. 23029

Corte di Cassazione, VI sezione civile, ordinanza del 2 ottobre 2017, n. 23029

ORDINANZA sul ricorso 7882-2016 proposto da: A.O., Z.R., – ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

e contro

AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE DELLO STATO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1451/21/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di VENEZIA-MESTRE, SEZIONE DISTACCATA di VERONA, depositata il 25/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Svolgimento del processo

che:

1. con riguardo ad avviso di accertamento per Irpef, Add. Reg. e Add. Com. dell’anno d’imposta 2007, emesso a carico dei soci della cessata società “Birreria Pub Fra Canapa s.n.c.”, su imputazione “per trasparenza” ex art. 5, t.u.i.r., del maggior reddito accertato a carico della società (a seguito di rettifica della plusvalenza originata dalla cessione dell’azienda all’acquirente Mimès Bar Disco Pub s.r.l.), il giudice d’appello ha confermato il rigetto del ricorso proposto dai soci ritenendo che “la questione relativa al reddito societario non possa essere rimessa in discussione.. perchè tale reddito deriva da un avviso di accertamento contro il quale la società facente capo agli stessi Z.R. e A.O. non ha fatto opposizione e quindi è divenuto definitivo”;

2. con due motivi di ricorso, i predetti contribuenti deducono “violazione delle norme relative alla notifica dell’avviso di accertamento a società cessata” e “conseguente omesso esame relativo ad un fatto decisivo per la controversia qui prospettato dalle parti e rilevabile d’ufficio”, osservando che la società “Birreria Pub Fra Canapa s.n.c.” era stata cancellata dal registro delle imprese in data 15/01/08, dunque ben prima della notifica del “provvedimento di accertamento che ha originato poi i successivi avvisi in capo agli scriventi per le proprie quote di possesso, notificato solamente in data 18/12/12”, sicchè la pretesa tributaria era stata fatta valere contro un soggetto ormai definitivamente estinto, non essendo applicabile il sopravvenuto D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28;

3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto adottarsi la motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

che:

4. va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quanto carente di legittimazione passiva, poichè dall’1/1/2001 sono entrati in vigore i principi della riforma ordinamentale di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, che ha attribuito la legittimazione attiva e passiva all’Agenzia delle Entrate (ex multis, Cass. 6394/14, 6929/13, 6591/08, 3116/06, 24245/04).

5. ciò premesso, i motivi di ricorso – esaminabili congiuntamente in quanto connessi – sono fondati;

6. con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese in base alla riforma del diritto societario attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, occorre subito precisare che il “D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigena della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. 5^, 6743/15, 7923/16, 8140/16; sez. 6-5, 15648/15, 19142/16, 11100/17);

7. questa Corte ha altresì ripetutamente chiarito, con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che “in tema di contenzioso tributario, la cancellane dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicchè eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito” trattandosi di impugnazione “improponibile, poichè l’inesisten.za del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. 5, 5736/16, 20252/15, 21188/14), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. sez. 5, n. 4778/17, (arg. a contrario n. 4786/17), n. 2444/17; Cass. sez. 6-5, n. 19142/16; v. anche, implicitamente, Cass. Sez. U., n. 3452/17, p.to 1.1; cfr. Cass. nn. 4853/15, 21188/14, 22863/11, 14266/06, 2517/00);

8. alla luce degli esposti principi risulta quindi errata la decisione del giudice d’appello fondata sulla pretesa vincolatività dell’avviso di accertamento notificato alla società già estinta, in quanto da essa non impugnato, e perciò divenuto definitivo;

9. resta invece fermo l’insegnamento di questa Corte per cui “l’estinzione della società non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio sui generis, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono – il che sacrificherebbe ingiustamente i diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci”, i quali possono in quanto tali essere chiamati a risponderne – però secondo le ordinarie

regole di legittimazione attiva e passiva, e senza il litisconsorzio necessario con la società, ove questa sia già estinta – “nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, ovvero illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate” (v. Cass. Sez. U. n. 6070/13; cfr. Cass. nn. 5736/16, 23765/08, 20874/04, 9418/01);

10. la sentenza va quindi cassata con rinvio per nuovo esame, alla luce dei criteri sopra indicati, oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, lo accoglie nei confronti dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto – sezione distaccata di Verona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2017

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