Corte di Cassazione

13 Maggio 2020

Cass. Civ., Sez. VI-5, Ordinanza 9 Marzo 2020, n. 6672.

Corte di Cassazione, VI-5 sezione civile, ordinanza 9 marzo 2020, n. 6672. Società di persone e recesso: non ha diritto di recesso il socio di Spa qualora la società abbia una durata lunghissima e presumibilmente eccedente la vita di uno dei soci.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA


sul ricorso 30071-2018 proposto da:


AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 0636391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –


contro


…, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ….., presso lo studio dell’avvocato …, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato …;


– controricorrente –


avverso la sentenza n. 222/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CAMPOBASSO, depositata il 19/04/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ….


Fatto


FATTO E DIRITTO


La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L.. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 222/2/2018, depositata il 19.4.2018 non notificata, la CTR del Molise rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate proposto nei confronti di Snam s.p.a. per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Campobasso che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso un avviso di liquidazione relativo alla tassazione di una servitù costituita su terreno agricolo ritenendo corretta la tassazione con l’aliquota del 8% e non quella del 15% sul presupposto che nella nozione di trasferimento non può rientrare la costituzione di servitù.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo.

La contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.

1. Con il motivo l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Tariffa, parte prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la CTR errato nel non ritenere l’applicabilità, agli atti costitutivi di servitù su un terreno agricolo, dell’aliquota del 15%.

La censura non è fondata.

Secondo l’orientamento di questa Corte, recentemente ribadito, dal quale non vi è motivo di discostarsi II termine “trasferimento” contenuto nell’art. 1, della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, è stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante) (Cass. 16495/2003).

La Corte ha osservato che il nuovo testo unico ha accorpato nell’art. 1 le disposizioni del D.P.R. n. 634 del 1972, artt. 1 e 1-bis, dando alla intera materia degli atti traslativi della proprietà dei beni immobili e degli atti traslativi e costitutivi dei diritti reali di godimento sugli stessi, una veste più organica.

Nel primo periodo si stabilisce che gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi vanno registrati con applicazione dell’aliquota dell’8%. Nel secondo periodo si prevede che, se il trasferimento ha per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli a titolo principale o di associazioni o società cooperative di cui alla L. 9 maggio 1975, n. 153, artt. 12 e 13, si applica la maggiore aliquota del 15%.

Nella disciplina fiscale del primo periodo della tariffa vi è quindi una distinzione solo per tipi di atti e non più, come nel sistema precedente con l’aggiunta dell’art. 1-bis, per tipi di beni che ne formino oggetto. In particolare, la distinzione ora corre tra atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili (terreni, fabbricati) e atti traslativi di diritti reali di godimento (superficie, enfiteusi, usufrutto, servitù, uso, abitazione), da una parte, e atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, dall’altra.

Se tale è l’architettura della normativa – che, contrappone gli atti traslativi a quelli costitutivi di diritti reali di godimento, quali le servitù prediali, e fa ricadere tra i primi i “trasferimenti coattivi” di immobili o di diritti reali di godimento – sembra indiscutibile che il termine “trasferimento”, conformemente all’etimo latino, sia stato usato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento. Ulteriore corollario è che il termine in questione non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante).

L’applicabilità della maggior aliquota del 15% ai soli atti traslativi è ulteriormente dimostrata dal fatto che nelle note all’art. 1 della nuova tariffa. proprio in relazione agli atti previsti dal 2 periodo, vengono usate espressioni (come acquirente, parte acquirente e beni alienati) e si prescrivono adempimenti che all’evidenza riguardano le alienazioni e non possono tecnicamente rapportarsi alla parte in favore della quale sia stata costituita – come nella specie – una servitù (di gasdotto). Anche a norma dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, secondo cui nell’applicare la legge non si può attribuirle altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione e dalla intenzione del legislatore, si deve pertanto concludere che l’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, esclude dall’imposizione con aliquota del 15% gli atti portanti costituzione di servitù (in tal senso Cass. 22198/2019; Cass.22199/2019; Cass. 22200/2019; Cass. 22201/2019).

Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.

Le spese eseguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1- quater.


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1000,00 oltre al rimborso forfettario delle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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