Corte di Cassazione

29 Aprile 2019

Cass. Civ., Sez. Trib., Sentenza 7 ottobre 2015 n. 20031

Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, sentenza 17 ottobre 2015, n. 20031

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Forlì, con avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzioni accertava che il contribuente A.A. aveva indebitamente usufruito delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa di cui al DPR 131/1986, in quanto aveva rivenduto l’immobile ed acquistato altro immobile avente caratteristiche di abitazione di lusso e, pertanto, procedeva alla revoca delle agevolazioni illegittimamente godute applicando interessi e sanzioni.

Avverso l’avviso di recupero d’imposta il contribuente proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Forlì che lo respingeva con sentenza appellata dal contribuente davanti alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia.

I giudici di secondo grado respingevano l’appello del contribuente in quanto il nuovo immobile acquistato aveva caratteristiche di lusso e pertanto non potevano essere mantenute le agevolazioni prima casa.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Emilia ha proposto ricorso per cassazione A.A. con cinque motivi e l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’art.5 e 6 D.M. 2 agosto 1969 ed art. 12 preleggi in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 c.p.c. in quanto la CTR ha erroneamente ritenuto che fosse applicabile l’art. 6 e non invece l’art.5 e quindi che l’abitazione acquistata fosse un immobile di lusso sebbene priva dei requisiti, in quanto avente superficie coperta di mq 198 e mq 370 scoperta, a fronte dei mq 200 ed il sestuplo dell’area coperta richiesti dall’art.5 sopra richiamato.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in quanto la CTR ha omesso di motivare in ordine alle dimensioni dell’immobile impropriamente ritenuto di lusso sebbene con superficie complessiva inferiore a mq 240 e ciò in quanto doveva farsi riferimento alla soia superficie utile ex art. 5 (e non 6) DM 2/8/1969 escluso il locale seminterrato in quanto non abitabile.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione della legge 266 del 2005 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 e 5 c.p.c. in quanto la CTR ha ritenuto che l’imposta di registro fosse imposta d’atto determinata sulla base del prezzo dichiarato dalle parti mentre, al contrario, deve farsi riferimento ai criteri di valutazione automatica indipendentemente dal corrispettivo pagato.

Con il quarto e quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in quanto la CTR ha omesso di motivare in ordine alla domanda del ricorrente di eliminare le sanzioni inflitte ingiustamente e di disporre CTU al fine di eseguire le misurazioni della superficie complessiva dell’immobile.

Analogo ricorso del ricorrente avverso la sentenza nr. 78/20/2010 della CTR dell’Emilia è stato rigettato per manifesta infondatezza da questa Corte con ordinanza numero 10571/2012.

Il ricorso è infondato.

Infatti, in tema di perdita dell’agevolazione fiscale sul pagamento dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa, questa Corte ha affermato che (Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012) “In tema di imposta sul valore aggiunto, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa, previsti dall’art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, occorre far riferimento all’art. 5 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, in forza del quale per superficie utile deve intendersi quella idonea a costituire “unico alloggio padronale”, ossia a consentire l’espletamento al suo interno di tutte le funzioni proprie della vita del “padrone”, mentre è irrilevante il requisito dell’abitabilità, siccome da esso non richiamato; né è possibile alcuna interpretazione che ne amplii la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva computato, ai fini della determinazione della superficie utile, anche vani adibiti a sale hobby ed ubicati nel piano interrato dell’abitazione, sebbene di .altezza minima inferiore a quella previste per le stante destinate ad uso abitativo dal regolamento comunale applicabile).”

Più recentemente (sez. 5, Sentenza n. 861 del 17/01/2014): “In tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire sé un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa I, art. 1 nota II bis., del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sua superficie utile – complessivamente superiore a mq. 240 = va calcolata alla stregua dei d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072., che va determinata in quella che – dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta – residua una volta detratta la Superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina.

Pertanto correttamente i giudici di appello hanno ritenuto computabile la superficie del locale seminterrato che non rientra nella tipologia di locali sopra indicati (vedi Sez. 5, nr.10807 del 28/06/2012) in quanto deve ritenersi che anche il seminterrato sia computabile ai fini della superficie utile complessiva.

Nella fattispecie in esame i giudici di appello hanno dunque accertato che “l’immobile riacquistato possiede i requisiti di immobile di lusso data la ampia superficie utile edificata e scoperta per complessivi mq 568, di cui 198 coperti e 370 scoperti.”

La CTR ha quindi rigettato l’appello del contribuente e confermato la decisione di primo grado, ritenendo e dichiarando che le agevolazioni previste dalla indicata normativa, nel caso, giustamente erano state revocate, essendo stato accertato trattarsi di fabbricato avente le caratteristiche di immobile di lusso.

Devono quindi essere respinti i primi due motivi di impugnazione in quanto la Commissione ha valutato che l’immobile presentava i requisiti di immobile di lusso effettuando un accertamento di fatto e pervenendo ad una valutazione, sul piano logico formale, corretta con conseguente inammissibilità di una rivalutazione dei fatti sollecitata in questa sede dal ricorrente in quanto, in caso di accertamento di fatto effettuato dal giudice di merito, risulta inammissibile e preclusa in sede di legittimità ogni censura in presenza di motivazione formalmente corretta.

Altrettanto infondati sono i restanti tre motivi.

Quanto al terzo infatti questa Corte ha avuto modo di affermare che (sez. 5, Sentenza n. 21526 del 20/09/2013) “In tema di imposta di registro, l’accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate del “valore venale in comune commercio”, di cui all’art. 51, comma 2, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ai fini della determinazione della base imponibile di un contratto di compravendita immobiliare, deve tenere conto del prezzo effettivo pattuito dalle parti avuto riguardo all’intrinseca natura e agli effetti giuridici prodotti degli atti presentati per la registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, dovendosi procedere, in base all’art. 20 del d.P.R. n. 131 cit., all’interpretazione complessiva del contratto concluso tra le parti e delle sue clausole.”

Devono infine essere respinti il quarto e quinto motivo di ricorso in cui il ricorrente lamenta vizi di omessa o insufficiente pronuncia in quanto, come da consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo di esame e di motivazione del giudice non implica risposta ad ogni singola eccezione specie se la domanda non espressamente esaminata risulta incompatibile con l’impostazione logica e giuridica della pronuncia (Sez. 5, Sentenza n. 16650 del 29/07/2011).

Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse.

La sentenza impugnata va pertanto confermata anche in riferimento alle caratteristiche di lusso dell’immobile affermate dalla CTR, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio stante la soccombenza.

P.Q.M.

Respinge il ricorso proposto e condanna il ricorrente A.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che sì liquidano in complessive euro 2000,00 oltre spese forfetarie ed accessorie.

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