Corte di Cassazione

29 Aprile 2019

Cass. Civ., Sez. trib, sentenza 5 febbraio 2016 n. 2278

Corte di Cassazione, Sezione tributaria, sentenza 5 febbraio 2016, n. 2278

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Borgo San Lorenzo, con avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzioni accertò che i contribuenti N.R. e B.M. avevano indebitamente usufruito delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa di cui alla legge 118/1985, in quanto al momento dell’acquisto risultavano proprietari di altro immobile nell’ambito dello stesso comune e pertanto recuperò i benefici fiscali illegittimamente goduti applicando interessi e sanzioni.

Avverso l’avviso di recupero d’imposta i contribuenti proposero ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze che lo accolse con sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana. I giudici di secondo grado dichiararono inammissibile l’appello dell’Ufficio per difetto di delega ed autorizzazione del funzionario.

Su ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate, la Suprema Corte, risolvendo definitivamente le questioni procedurali, rimetteva il giudizio davanti ad altra sezione della CTR della Toscana la quale, in sede di rinvio, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate confermando così l’avviso di liquidazione.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana in sede di rinvio hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti N.R. e B.M. con tre motivi e l’Agenzia delle Entrate non ha spiegato difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 53 primo comma, 56 e 63 quarto comma D.Lgs 31/12/1992 nr. 546, nonché art. 2909 cc ed artt. 342, 346 e 329, 112 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 3 cpc in quanto la CTR ha erroneamente ritenuto di doversi pronunciare in ordine alla inidoneità dell’abitazione già posseduta dai ricorrenti al momento dell’acquisto di altra casa in relazione alle esigenze abitative della loro famiglia mentre, al contrario, la questione era coperta da giudicato della sentenza di primo grado della CTP di Firenze che già si era pronunciata sul motivo e la cui specifica statuizione sul punto non era stata oggetto di censura ed impugnazione in appello da parte dell’ Ufficio.

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 1 Decreto legge 16 del 23/1/1993 convertito in legge nr. 75 del 24/3/1993 in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 cpc in quanto la CTR ha erroneamente ritenuto che il requisito richiesto per godere dei benefici fiscali prima casa “di non essere titolare del diritto di proprietà di altro immobile idoneo ad abitazione” debba essere interpretato in senso oggettivo e non invece com’è corretto dal punto di vista soggettivo del compratore in relazione alle esigenze abitative del suo nucleo familiare.

Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in quanto la CTR ha omesso di motivare in ordine alla domanda del ricorrente di ritenere inidonea la casa già posseduta dai ricorrenti nell’ambito dello stesso comune a causa della presenza di due figli di sesso diverso costretti a convivere nelle medesima camera del precedente immobile.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.

Il primo motivo è infondato in quanto dall’atto di appello dell’Ufficio risulta censurata la pronuncia della CTP in ordine alla inidoneità dell’abitazione già posseduta dai ricorrenti al momento dell’acquisto di altra casa in relazione alle esigenze abitative della loro famiglia e pertanto non si è formato alcun giudicato sul punto.

In ordine al secondo e terzo motivo che possono essere trattati congiuntamente, giova premettere che il Decreto Legge 23/01/1993 num. 16 art. 1 prevede “Agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati ed alle scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione successivamente alla medesima data, si applicano le disposizioni di cui ai commi da uno a cinque dell’articolo 2 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, come modificate dall’articolo 5-bis del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899, a condizione che nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione e di volerlo adibire a propria abitazione principale, anche avendo già usufruito, quale acquirente, delle agevolazioni previste.”

Questa Corte in analoga fattispecie ha affermato che (Sez. 5, Sentenza n. 19738 del 23/12/2003) in materia di agevolazioni per l’acquisto della cosiddetta prima casa, disciplina prevista dall’art. 1 del D.L. n. 16 del 1993: “Ai fini della fruizione delle agevolazioni tributarie per l’acquisto della cosiddetta prima casa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75, il requisito della non possidenza di altro fabbricato idoneo ad abitazione, previsto con formulazione analoga a quella dell’art. 16 del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, sussiste quando l’acquirente possieda un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale era stata riconosciuta la spettanza del beneficio ad un contribuente che possedeva la quota di un appartamento che, oltre che per il fatto di essere locato a terzi, per le ridotte dimensioni era inidoneo ad essere destinato ad abitazione di un nucleo familiare composto da cinque persone).

Nel solco dell’orientamento sopra riportato può dunque essere affermato che l’inidoneità dell’alloggio già posseduto debba essere valutata dal punto di vista soggettivo del compratore in relazione alle esigenze abitative del suo nucleo familiare.

Ciò premesso tuttavia occorre evidenziare nella fattispecie, in ordine al secondo e terzo motivo di ricorso che il giudice di secondo grado ha valutato le ragioni dei contribuenti affermando che non sussiste alcuna prova in ordine alla pretesa inidoneità dell’alloggio con accertamento di fatto condivisibile e non censurabile da questa Corte (del resto la “scomodità” per i due figli pur di sesso diverso, di dover dormire nella stessa camera non equivale ad inidoneità abitativa).

La sentenza impugnata va pertanto confermata e rigettato il ricorso proposto davanti a questa Corte. Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Respinge il ricorso dei ricorrenti, conferma la sentenza impugnata. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

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