Corte di Cassazione

29 Aprile 2019

Cass. Civ, Sez. Trib., sentenza 26 giugno 2015 n. 13259

Corte di Cassazione, Sezione tributaria, sentenza 26 giugno 2015, n. 13259

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate, in data 23 giugno 2005, notificava alle socie della “M. s.p.s.” avviso di accertamento prò quota relativo all’anno 1999 a titolo di Irpeg, oltre sanzioni, relativo alla società a ristretta base azionaria “M.” cancellata dal registro delle imprese in data 24 maggio 2002.

Le socie A. (socia al 70%) e G.R. ( socia al 30%), proponevano congiuntamente ricorso alla CTP di L’Aquila, che li rigettava. Le socie appellavano separatamente la sentenza di primo grado, che la CTR, con la sentenza impugnata, previa riunione, rigettava. Presentano separati ricorsi per cassazione S.S. erede di R.A. (NGR. 11645/2010) , in base a tre motivi e G.R. insieme con M.V.S. e R.S., queste ultime quali eredi di R.A. (NRG 11659/2010), in base a sette motivi, contro la sentenza della CTR dell’Abruzzo n. 55/2/09 dep. il 17 marzo 2009. L’Agenzia delle Entrate si costituisce nel giudizio instaurato col ricorso proposto da S.S. (NRG 11645/2010), chiedendone il rigetto.

G.R., M.V. e R.S. eredi di R.A. producono successiva memoria.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, trattandosi di ricorsi avverso la medesima sentenza, i due ricorsi vengono riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c. nei loro ricorso), denunciano la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2325 e 2456 c.c. all’epoca in vigore, e dell’art. 87 TUIR (allora in vigore, nonché degli artt., dal 37 al 41 e 41 bis d.P.R. 600/73, ai sensi dell’art 360 c.1 n. 3 c.p.c., ritenendo che non sussiste legittimazione passiva nonché responsabilità del socio di società di capitali, per debiti tributari in capo alla stessa in virtù dell’autonomia patrimoniale perfetta delle società di capitali. Deduce inoltre che, data la cessazione della società per cancellazione dal registro delle imprese, il socio potrebbe rispondere dei debiti della società solo ove l’Ufficio impositore -che notifica un atto per far valere la responsabilità dei debiti societari- dimostri la sussistenza di un attivo di liquidazione, la distribuzione di tale attivo, la percezione e la misura della quota di attivo da parte del socio, fatto non provato in atti e non dedotto.

3. Col secondo motivo sia S.S. sia e G.R. M.V.S. e R.S. deducono la nullità della sentenza impugnata per assenza di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c., nella parte in cui la CTR ritiene vi sia responsabilità dei soci nella misura di quanto riscosso sulla base dei di liquidazione, senza alcun riferimento all’esistenza e alla quantificazione delle somme percepite da parte dei soci in relazione ad esso.

4. Col terzo motivo del ricorso G.R. M.V.S. e RS deducono contraddittoria motivazione circa un punte di fatto decisivo della controversia, concernente la possibilità per l’Amministrazione di far valere i propri crediti verso la società, cancellata dal registro delle imprese, nei confronti dei soci della stessa, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., per avere la CTR tratto, rispetto alla premessa costituita dal debito per Irpeg della società cancellata, conseguenze incongrue, quali la percezione da parte dei soci dell’attivo residuo della società cessata: ciò risultando contraddittorio rispetto alla valutazione di correttezza dell’operato dell’Ufficio, che ha mancato di riscontrare i presupposti di operatività dell’art. 2456, co.2 c.c. (ora 2495 c.c.).

5. Col terzo motivo S.S. denuncia la nullità della semenza per violazione art. 112 c.p.c., artt. 1, 3, 36 d.lgs. 546/92, per avere la CTR pronunciato su domanda mai ritualmente proposta in causa (accertamento della responsabilità sussidiaria solidale dei soci per i debiti della società in virtù dell’avvenuta cessazione con riparto di attività a favore degli stessi e nella misura di tale riparto). La ricorrente ritiene la sentenza affetta da error in procedendo per mancato riferimento nell’avviso di accertamento di tali circostanze, e per non avere l’Ufficio mai dedotto né provato che sussistesse responsabilità dei soci per motivi afferenti l’avvenuta ripartizione di utili o attività all’atto della liquidazione della società, cessata nel 2002.

6. Col quarto motivo del ricorso di G.R., M.V.S. e R.S. , si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, co.l n. 4 c.p.c., per avere la CTR pronunciato oltre il contenuto delle domande, ravvisando, con vizio di ultrapetizione, un fondamento normativo della pretesa ulteriore e diverso rispetto a quello recepito nell’atto di accertamento.

7. Col quinto motivo del ricorso di G.R. M.V.S. e R.S. , si deduce violazione dell’art. 7 l. 212/00; 42 d.P.R. 600/73; art. 7 d.lgs. 546/92 e 111, 2 co. Cost. in relazione all’art. 360, co.l, n. 3 c.p.c., per avere la CTR interpretato l’avviso di accertamento – nel punto in cui qualificava come reddito diverso ex art. 81 TUIR la plusvalenza realizzata con la cessione – nel senso che “l’Ufficio intendeva tassare una plusvalenza da cessione a titolo oneroso che concorre a formare il reddito della società ex art. 86 Tuir (già art. 54 co,2”, cosi integrando illegittimamente la motivazione dell’atto impositivo, in violazione dei canoni di completezza, autosufficienza ed esclusività dell’atto amministrativo di accertamento.

8. Col sesto motivo del ricorso ai G.R., M.V.S. e R.S., si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 Dlgs. 471/97; 7 e 53 DL. 269/2003 conv. in l. 326/03, in relazione all’art. 360, co.l, n.3 c.p.c., chiedendo la disapplicazione delle sanzioni, in quanto riferibili alla società ed illegittimamente addossate a soggetti diversi.

9. Col settimo motivo G.R., M.V.S. e R.S. contestano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2456 co.2 c.c. in relazione all’art. 360, co.l n. 3 c.p.c., per avere la CTR addossato ai soci le sanzioni dovute dalla società per azioni, cancellata dal registro delle imprese, mancando la prova che i soci avessero percepito una quota dell’attivo in fase di liquidazione. Chiede in ogni, caso la disapplicazione delle sanzioni agli eredi, date il decesso della socia R.A. in applicazione dell’art. 8 d.lgs. 472/97.

10. Disposta la riunione dei ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza di appello, ex art. 335 c.p.c., i primi due motivi dei ricorsi proposti da S.S. e da G.R., M.V.S. e R.S. , e il terzo motivo del ricorso proposto da G.R., M.V.S. e R.S. che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati nei sensi di seguito precisati.

11. L’art. 2456, secondo comma, c.c. (oggi art. 2495, 2. co. c.c., che riprende, peraltro, quanto già stabiliva in proposito il previgente art. 2456, comma 2), dispone che “dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (S.U. n. 6070/2013), deve escludersi che la cancellazione della società dal registro della imprese – pur provocando l’estinzione dell’ente debitore (per le cancellazioni successive all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. n. 6/2003, che, modificando l’art. 2495, secondo comma, cod. civ. ha ad esse attribuito efficacia costitutiva)- comporti al tempo stesso la sparizione dei debiti insoddisfatti che la società aveva nei riguardi dei terzi, determinandosi un fenomeno di tipo successorio, sia pure connotato da caratteristiche sui generis, in dipendenza del quale i soci sono gli effettivi titolari dei debiti sociali – conservando, il debito originario della società, intatta la propria causa e la propria originaria natura giuridica (Cass. n. 5113/2003)- nei limiti in cui abbiano ricevuto utili in base a riparto, a seguito di bilancio finale di Liquidazione. Da tale ultima condizione dipende la possibilità di proseguire – o instaurare- l’azione da parte del creditore sociale (Cass. n. 7676/2012; 7679/2012 n. 19453/2012).

È pertanto evidente, come risulta dal chiaro tenore testuale della norma, che la responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali non assolte è limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione della società, e che tale quota è stata attribuita al socio (Cass. nn. 3879/75; 5489/78; 1468/2004): ne consegue che il creditore, il quale intenda agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo (vale a dire la sua legittimazione passiva) , e cioè che, in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia stata la distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio medesimo e che una quota di tale attivo sia stata da questi riscossa.

12. La difesa dell’Amministrazione finanziaria resistente, dopo avere correttamente affermato che la responsabilità del socio di una società cancellata dal registro delle imprese “attiene esclusivamente alla fondatezza della pretesa creditoria nei confronti dei soci e rileva esclusivamente sul piano probatorio”, non trae la coerente deduzione da tale premessa: ossia che spetta al creditore (che pretende), e non al debitore, l’onere della prova dell’azionata pretesa (art. 2697 c.c.. E non è conducente affermare – come fa la resistente – che il contribuente non ha contestato nei giudizi di merito la misura della responsabilità, poiché la contestazione ha interessato in radice la sussistenza della responsabilità dei soci per il debito della società. E in tale contesto resta fermo il principio dell’onere della prova su chi pretende di far valere un diritto (art. 2697 cit. In conclusione: la cancellazione dal registro delle imprese costituisce il presupposto della proponibilità dell’azione nei confronti dei soci; l’avvenuta percezione di somme in sede di liquidazione del bilancio finale costituisce il limite della responsabilità dei soci; sia la reale percezione delle somme sia l’entità di cali somme rilevano sul piano probatorio e vanno provate dal creditore che intende agire contro i soci, secondo il normale ripario dell’onere della prova.

Nel caso di specie l’Amministrazione resistente non ha dimostrato che una tale condizione si sia in concreto realizzata.

13. Poiché dalla sentenza impugnata non risulta affatto che l’Amministrazione finanziaria abbia tornito la prova anzidetta, i ricorsi devono essere accolti con riferimento ai primi due motivi dei due ricorsi, e al terzo motivo del ricorso proposto da G.R. (e c.); assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata; ricorrendo, inoltre, i presupposti di cui all’art. 384, secondo comma, c.p.c., la causa va decisa nei merito, con accoglimento dei ricorsi proposti dalle contribuenti avverso gli avvisi di accertamento tributario.

14. la peculiarità dei profili esaminati, sui quali la giurisprudenza si è solo in tempi recenti consolidata, impone di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi. Compensa le spese del giudizio.

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