Corte di Cassazione

1 Maggio 2019

Cass. Civ., Sez. Trib., 15 giugno 2010, n. 14399

Corte di Cassazione Civile, Sezione Tribitaria, sentenza del 15/06/2010, n. 14399

Immobili, agevolazione, prima casa, residenza.

“In tema di imposta di registro ai sensi del comma 2 bis, della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, (comma, applicabile “ratione temporis”, introdotto dal D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 16, conv. in L. 19 luglio 1993, n. 143)  che ricalca sostanzialmente la disposizione contenuta nel D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2, conv. in L. 5 aprile 1985, n. 118 la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha la residenza. Attesa la lettera e la formulazione della norma, nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, o all’eventuale successivo ottenimento della residenza, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio che deve sussistere alla data dell’acquisto”.

Svolgimento del processo

V.M. propose ricorso avverso l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni con il quale veniva dichiarato decaduto dalle agevolazioni fiscali richieste per l’acquisto della prima casa, a causa del mancato trasferimento della residenza nel Comune di Viterbo – nel cui territorio è ubicato l’immobile – e venivano liquidate le imposte calcolate con. aliquota ordinaria. Eccepiva che il ritardo nell’attribuzione della residenza non era imputabile a sua negligenza perchè la richiesta era stata effettuata nei termini.

Il Comune, costituitosi, contrastava la domanda rilevando che l’originaria domanda presentata dal contribuente era stata rigettata dal Comune che aveva poi accolto, per la presenza dei relativi requisiti, quella riproposta il 17.2.2000, cioè fuori termine pur facendo retroagire alla stessa l’effetto dell’iscrizione anagrafica. La C.T.P. rigettava il ricorso. La relativa sentenza veniva impugnata dal contribuente che riproponeva le proprie difese, contrastate dal Comune. L C.T.R. accoglieva l’appello. Contro tale ultima sentenza ricorre l’Agenzia delle Entrate con motivo unico. Il contribuente non controdeduce.

 Motivi della decisione

L’Agenzia delle Entrate ricorre deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della tariffa, parte prima, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, e della L. n. 1128 del 1954, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice di merito erroneamente ritenuto la non tardività della domanda di attribuzione della residenza facendo riferimento alla domanda proposta il 19.4.1999, rigettata con provvedimento non impugnato, in luogo di quella poi accolta presentata il 17.2.2000. In definitiva l’Agenzia eccepisce che gli effetti dell’iscrizione anagrafica decorrono dal momento della presentazione della relativa domanda solo se, all’esito del conseguente procedimento, verrà effettuata l’iscrizione stessa e ciò in quanto l’iscrizione determina la residenza mentre la domanda determina solo la decorrenza degli effetti dell’iscrizione.

Tale doglianza è fondata in virtù del principio già affermato da questa Corte (n. 4628 del 22/02/2008, Rv. 602052) secondo il quale: “In tema di imposta di registro ai sensi del comma 2 bis, della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, (comma, applicabile “ratione temporis”, introdotto dal D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 16, conv. in L. 19 luglio 1993, n. 143) – che ricalca sostanzialmente la disposizione contenuta nel D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2, conv. in L. 5 aprile 1985, n. 118 – la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha la residenza. Attesa la lettera e la formulazione della norma, nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, o all’eventuale successivo ottenimento della residenza, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio che deve sussistere alla data dell’acquisto”.

Nel caso di specie è pacifico tra le parti che il contribuente ha registrato l’atto di acquisto dell’immobile – sito nel Comune di Viterbo e per il quale chiede il beneficio della prima casa – il 2.11.98 ed ha ottenuto la residenza in accoglimento di una domanda presentata il 17.2.2000, dopo che il medesimo Comune aveva rigettato quella presentata in data 19.11.99.

L’ottenimento della residenza, presupposto per la concessione del beneficio, è pertanto intervenuta oltre l’anno dalla dichiarazione contenuta nell’atto di acquisto, nè tale dato può essere superato facendo riferimento – come erroneamente affermato nell’impugnata sentenza – ad una domanda precedente, ma non accolta dal comune in virtù di un provvedimento non impugnato.

È chiaro, infatti, che in assenza di un accertamento dell’esistenza di vizi inficianti il provvedimento che respinge la richiesta di iscrizione all’anagrafe e/o il procedimento amministrativo che lo origina, la richiesta stessa non può avere alcuna rilevanza, in particolare con riferimento all’identificazione della decorrenza degli effetti dell’iscrizione anagrafica. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza. Vengono invece compensate interamente tra le parti quelle dei gradi di merito, tenuto conto della controvertibilità della situazione di fatto, come emerge dalle contrastanti decisioni di merito.

 P.Q.M.

 La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei gradi di merito, condanna l’intimato alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.200,00, delle quali Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

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