Corte di Cassazione

29 Aprile 2019

Cass. Civ., Sez. pen., Sentenza 25 gennaio 2016 n. 3099

Corte di Cassazione, Sezione Penale, sentenza 25 gennaio 2016, n.3099

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 16/09/2015 il Tribunale del riesame di Genova, per la parte che qui rileva, rigettava I’appello proposto dalla (…) srl avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso lo stesso Tribunale in data 21/07/2015, avente ad oggetto beni della società sequestrata/appellante, per i reati di cui all’art. 648 bis, cod. pen. ed all’art. 4, d.l. 74/2000 ascritti a (…).

Rilevava il Tribunale che, diversamente che per altra società destinataria dello stesso provvedimento, la (…) dovesse considerarsi c.d. “società-schermo” e perciò legittimamente attingibile dal provvedimento cautelare reale “per equivalente”, come affermato da precedente provvedimento in data 20/11/2014, divenuto irrevocabile e perciò costituente “giudicato cautelare”. Ribadiva comunque che tale natura della (…) derivasse da plurimi elementi indiziari, quali specificamente l’utilizzo di essa per movimentare le quote di proprietà di un albergo in (…) acquistato con somme rilevanti oggetto delle contestazioni di truffa e riciclaggio in danno di società del gruppo (…); il fatto che amministratrice di (…) fosse la moglie del figlio di (…) (anch’essa destinataria di provvedimento cautelare personale nell’ambito del procedimento), che aveva ammesso di agire quale “strumento” del suocero; l’esistenza di un testamento nel quale il (…) aveva disposto delle quote di … in favore del figlio (99%), nominando appunto la nuora amministratrice. Osservava inoltre il Tribunale che ai sensi dell’art. 648 quater, cod. pen. per il reato di cui all’art. 648 bis, stesso codice, la confisca era obbligatoria, anche “per equivalente” ed anche qualora riguardasse una persona interposta.

2. Avverso il provvedimento, tramite il difensore fiduciario, proponeva ricorso per cassazione la (…) deducendo due motivi di impugnazione.

2.2 Con un primo motivo si duole di violazione di legge in relazione alle previsioni di cui agli artt. 309, 310, 324, 299, 311, 648, cod. proc. pen. Premesso un rilievo di travisamento di fatto in ordine alla disposizione testamentaria menzionata nella ordinanza in esame, ne allega l’erroneità in punto di affermazione del “giudicato cautelare”, poiché il precedente provvedimento che lo dovrebbe costituire (ordinanza del 20-21/11/2014) non aveva in realtà pronunciato in ordine alla persona fisica identificabile quale possessore mediato” delle somme sequestrate ed al quantum sequestrato, ritenendo i motivi correlativi “nuovi” e perciò inammissibili.

2.2 Con un secondo motivo lamenta violazione di legge in riferimento alle norme che regolano il sequestro preventivo finalizzato alla confisca “per equivalente”, dell’art. 27 della Costituzione, dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. per motivazione omessa. Sostiene la ricorrente che nell’ordinanza in esame non si è data alcuna spiegazione relativamente alla persona fisica che avrebbe avuto la disponibilità delle somme sequestratele, non comprendosi chi tra il (omissis) la moglie ovvero la nuora avesse tale qualità fattuale, con l’ulteriore conseguenza che ne risultava impossibile determinare l’importo massimo sequestrabile “per equivalente”.

Considerato in diritto

1. II ricorso è infondato.

1.1 La prima doglianza svolta da (…) è fondata, ma ciò non rende accoglibile il ricorso.

Come affermato dalla ricorrente erra il Tribunale di Genova ove nel proprio provvedimento afferma che si sarebbe formato il c.d. “giudicato cautelare” sulla posizione della società ricorrente, quale sequestrata, per effetto della precedente pronuncia, del Tribunale medesimo, in data 21 novembre 2014.

In quel primo procedimento incidentale infatti il Tribunale in sede di appello si è limitato a rilevare l’inammissibilità dei nuovi motivi dedotti da (omissis) srl che riguardavano, in particolare, la natura di “società schermo” della medesima e correlativamente l’esatta individuazione della persona fisica da ritenersi “possessore mediato” delle somme di denaro in sequestro, nonché la verifica del limite di sequestrabilità/confiscabilità delle somme stesse; pertanto illo tempore il Tribunale non si è pronunciato su tali circostanze, nuovamente devolute ed invece decise con la successiva ordinanza oggetto del ricorso in esame.

Per consolidata giurisprudenza di questa Corte in simile contesto procedimentale non può affermarsi la sussistenza di alcun “giudicato cautelare” (rectius, preclusione endoprocedimentale), dovendo perciò il giudice, anche di appello, investito ex novo delle questioni non decise mentalmente pronunciarsi sulle stesse, ciò che peraltro nell’ordinanza impugnata si è fatto, come verrà rilevato subito infra (cfr. Cass., sezione sesta, n. 43213 del 27/10/2010; sezione quarta, n. 32929 del 04/06/2009).

1.2 II secondo motivo di doglianza è di contro infondato e ciò importa, di per sé, il rigetto del ricorso.

Avverso le ordinanze emesse dal Tribunale in sede di appello ex art. 322 bis, cod. proc. pen. è prevista la possibilità del ricorso per cassazione, ma soltanto per violazione di legge. Peraltro giurisprudenza consolidata di questa Corte ravvisa tale vizio anche nella mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, ma non la manifesta illogicità della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso dall’art. 606, lett. e), c.p.p. (cfr. Cass., S.U., n. 5876 del 28.1.2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv.226710). Sempre le S.U. di questa Corte hanno anche specificato che nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (sentenza n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov, Rv. 25932).

Nel caso concreto tuttavia la motivazione dell’ordinanza impugnata non risulta affetta dalle carenze suindicate e quindi deve affermarsi conforme allo standard previsto dalle norme processuali correlative ed in particolare da quella di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.

Il Tribunale di Genova infatti, operato un accenno meramente incidentale al giudicato cautelare (di cui si è scritto sopra), ha comunque con precisione indicato le ragioni fondanti il rigetto dell’appello propostogli, nei limiti della devoluzione.

In particolare ha valorizzato tre puntuali elementi di fatto in virtù dei quali la ricorrente deve considerarsi “società schermo” e perciò destinataria del provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca “per equivalente”, peraltro nel caso di specie obbligatoria ex art. 648 quater cod. pen. ossia in primo luogo I utilizzazione della medesima per “riciclare” somme rivenienti dai reati contestati agli indagati investite nelle quote di un albergo di (…); ¡n secondo luogo l’incarico di amministratrice di (…) già conferito alla nuora dell’indagato principale, (….), avendo la medesima ammesso di esserne soltanto una c.d. “testa di legno”; in terzo luogo il fatto che per testamento il B. avesse disposto anche della società ricorrente, avendone comunque già intestato al figlio (…) il 99% delle quote.

Quanto poi alla questione, altresì posta nel ricorso in oggetto, dell’individuazione del “possessore mediato” delle somme in sequestro, risulta chiaro che prima il GIP nel provvedimento che ha disposto la misura cautelare, poi il Tribunale nell’ordinanza impugnata, facendo corretta applicazione delle previsioni di cui agli artt. 648 quater, 240, cod. pen., 321 cod. proc. pen., dopo aver qualificato la ricorrente quale “interposta persona”, hanno attribuito la qualità di detentore effettivo delle somme sequestrate sicuramente a (…) ovvero comunque alle persone appartenenti al suo nucleo famigliare (la moglie in particolare), in parte co-indagate o comunque a loro volta “interposte”.

Va infine osservato che il precedente di legittimità indicato dalla ricorrente (Cass., n. 44238 del 28/05/204) non è pertinente al caso di specie, riguardando la, affatto diversa, ipotesi del sequestro/della confisca nei confronti dell’imputato patteggiante rispetto all’imputato non patteggiante, mentre la presente misura cautelare inerisce piuttosto alla questione, come visto adeguatamente risolta dal Tribunale di Genova, del sequestro/della confisca di beni ad un soggetto (in questo caso, persona giuridica) fittiziamente interposto.

1.3 II ricorso deve essere pertanto rigettato e la società ricorrente condannata al pagamento della spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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