Corte di Cassazione

29 Aprile 2019

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 30 giugno 2015, n. 13319

Corte di Cassazione, III Sezione civile, sentenza 30 giugno 2015, n. 13319

Svolgimento del processo

La società L.C. di P.P.L. s.n.c. ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Udine la S.p.A. F., ora G.M.I. S.r.l. , per sentirla condannare al pagamento della somma di lire 294.533.905 per una fornitura di carne ancora non pagata effettuata in favore di S.M., titolare di un supermercato, sul rilievo che la F. era debitrice solidale per l’acquisto dell’azienda dello stesso S., ai sensi dell’articolo 2560 2° comma cod.civ.

Nel costituirsi in giudizio la società F. ha contestato di essere obbligata solidale in quanto aveva acquistato non la totalità della azienda, ma solo un ramo aziendale, a cui era totalmente estranea la merce fornita dalla L. che riguardava invece il settore aziendale rimasto di proprietà del S.

Previa autorizzazione, la F. ha chiamato In giudizio il S. che è rimasto contumace.

Il Tribunale di Udine, sul rilievo che nell’Ipotesi di trasferimento di un ramo di azienda si applica l’articolo 2560 2° comma cod.civ., ma che l’accollo ex lege dei debiti deve avvenire proporzionalmente, e cioè in base al valore della parte dell’azienda ceduta rispetto all’intero compendio aziendale, dopo l’espletamento di una c.t.u., ha condannato la F. a pagare il debito della L. nella misura corrispondente al valore attribuito dal c.t.u al ramo di azienda ceduto, vale a dire nella misura dello 693973 dell’intero debito.

La Corte di appello ha rigettato l’appello principale della G.M. (già F.) ed ha accolto l’incidentale della L. e, sul rilievo che non era stato trasferito un ramo d’azienda, ma l’intera azienda, che prima del 1987 era unica con una sola contabilità ed unico avviamento commerciale, ha condannato la F. a pagare l’intero debito della L.

La G.M. ha impugnato per cassazione, lamentando con il primo motivo che la controparte L. nell’appello incidentale non aveva posto in discussione che era stato ceduto un solo ramo d’azienda, sicché la Corte d’appello aveva pronunciato ultrapetita nell’accertare che vi era stata cessione dell’intera azienda.

La Corte di Cassazione, con sentenza numero 26414/09, ha accolto il primo motivo e dichiarato assorbiti gli altri, sul rilievo che la società L. nel proporre l’appello incidentale non aveva contestato l’accertamento in fatto dell’avvenuta cessione solo di un ramo di azienda.

La Corte di appello di Trieste in sede di rinvio, sul presupposto del giudicato formatosi sulla circostanza in fatto che era stato ceduto un ramo di azienda e non l’intera azienda, ha ritenuto che il cessionario di un ramo di azienda, data la sussistenza di un’unica contabilità ed un unico avviamento, era tenuto al pagamento di tutti debiti aziendali.

La Corte di merito arriva ad affermare questo principio di diritto nella considerazione che i creditori in tanto hanno effettuato le forniture in quanto potevano contare sull’intero patrimonio aziendale, come rappresentato dai libri contabili.

Avverso detta sentenza propone ricorso la G.M. (ex F.) con quattro motivi illustrati da memoria.

Resiste la L.C.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 2560 cod.civ. in combinazione con gli artt. 2555 cod.civ, 12 e 14 delle preleggi e 1372 cod.civ. in relazione all’art. 360 1°comma n.3 c.p.c. e carenza di motivazione ex art. 360 1° comma n. 4 e 5 cod.proc.civ.

Secondo la società ricorrente la Corte di appello ha errato nel ritenere I ‘acquirente di un ramo di azienda deve rispondere di tutti i debiti pregressi dell’intera azienda.

Infatti, ritenuto che il ramo d’azienda è inteso dalla giurisprudenza come un complesso organizzato di beni strutturato con un’autonoma attività produttiva funzionalmente preesistente e quindi qualificabile come azienda commerciale, secondo la previsione dell’art. 2560 cod.civ, l’acquirente di quel ramo deve rispondere solo dei debiti inerenti a quella parte di azienda ceduta.

Nel caso di specie è fuori discussione che il debito di cui si richiede il pagamento riguarda forniture di carne in favore del S., effettuate prima della cessione del ramo d’azienda, e chiaramente non inerenti all’attività del ramo ceduto.

La tenuta di un’unica contabilità non può essere giustificativa del passaggio di tutti debiti aziendali pregressi all’acquirente del ramo di azienda.

2. Il motivo è fondato.

Fino al codice civile del 1942 mancava nel nostro ordinamento giuridico una disciplina relativa all’azienda ed alla sua circolazione.

In precedenza era stato compito della dottrina e della giurisprudenza sopperire all’assenza di norme relative all’azienda ed al suo trasferimento.

Partendo dalla convinzione comune che la teoria dell’azienda era un momento della teoria degli oggetti giuridici, gli interpreti erano giunti all’elaborazione di due diverse correnti di pensiero che, con grande schematizzazione, possono definirsi come disciplina unitaria o disciplina pluralistica, a seconda che l’azienda fosse considerata o meno come unico oggetto giuridico.

Con il codice del 1942 i momenti più importanti della vita dell’azienda, cioè la fase del trasferimento dell’azienda per contratto ed i più diffusi diritti di godimento della stessa – usufrutto e affitto-hanno ricevuto espressa regolamentazione.

Deve però immediatamente avvertirsi che rimangono numerose fasi della vita dell’azienda che ancora non sono espressamente regolate normativamente, come la fattispecie oggetto della presente controversia, e che resta all’interprete ricostruire la disciplina applicabile, riferendosi alla disciplina generale dell’azienda, al bilanciamento effettuato dal legislatore degli interessi coinvolti nei diversi aspetti del trasferimento dell’azienda, alla prevalenza da dare ad esigenze a volta unitarie ed a volta pluralistiche.

3. Ai fini della presente decisione è necessario precisare cosa deve intendersi per azienda e per ramo di azienda, definizioni con cui deve necessariamente coordinarsi l’interpretazione di ogni norma relativa all’azienda e soprattutto ogni fattispecie giuridica relativa all’azienda che ancora oggi non ha ricevuto espressa disciplina.

Il codice del 1942, con l’articolo 2555, ha definito azienda come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.

Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 5-3-2014, n. 5087, nel decidere in senso positivo la questione se l’azienda potesse essere oggetto di acquisto per usucapione, hanno ripercorso la dibattuta e ancora non risolta questione della natura giuridica dell’azienda.

Hanno evidenziato la difficoltà degli interpreti di confrontarsi con la classificazione dei beni contenuta negli articoli 810-817 cod.civ. per qualificare l’azienda – bene unitario a composizione variabile nel tempo e qualitativamente mista – come bene mobile o immobile o come universalità di beni, nella definizione dell’articolo 816 cod.civ, tesi questa prevalente nella giurisprudenza di legittimità.

Hanno rilevato che, nella definizione dell’art. 2555 cod.civ., l’elemento unificatore della pluralità dei beni – indicato nell’organizzazione per l’esercizio dell’impresa – è ancorato a un’attività (l’organizzazione), a sua volta necessariamente qualificata in senso finalistico (l’impresa): l’attività, come tale, è certamente un’espressione del soggetto, che trascende la categoria dei beni giuridici e non può essere oggetto di possesso. È necessario allora, per chi debba misurarsi con la disciplina vigente dell’azienda, riconoscere che l’art. 2555 cod.civ. esprime una valutazione dell’azienda che, senza cancellare il suo collegamento genetico (organizzativo) e finalistico con l’attività d’impresa, ne sancisce una considerazione oggettivata (di “cosa”, oltre che di strumento di attività), costituente la premessa alla possibilità che essa diventi oggetto di negozi giuridici e di diritti.

Ciò che sembra decisivo, secondo le Sezioni Unite, è dunque proprio l’oggettività dell’azienda, considerata unitariamente quale oggetto di diritti.

Negli artt. 2555 – 2562 cod.civ. sono disciplinate in modo – solo parzialmente unitario – alcune fattispecie che non esauriscono la fenomenologia dell’azienda, lasciando aperta la discussione su tutte le fattispecie non regolate. Per queste, la considerazione unitaria dell’azienda sembra riproporre il tema della sussunzione del bene azienda in una delle categorie del Libro Terzo del codice civile, che renderebbe per ciò stesso applicabile tutta la relativa disciplina civilistica.

4. E’ necessario a questo punto esaminare la disciplina prevista in via generale per il trasferimento dell’azienda nel suo complesso, al fine di valutarne l’applicabilità anche all’ipotesi di trasferimento di un parte dell’azienda cosiddetto “ramo di azienda”.

Le norme sulla circolazione dell’azienda evidenziano l’intento del legislatore di conservare nel trasferimento l’unitarietà del complesso e la sua funzionalità, ponendo al centro della disciplina il valore impresso all’azienda dall’organizzazione dei beni che la compongono.

Gli articoli da 2556 a 2560 del codice civile contengono la disciplina relativa al trasferimento dell’azienda per atti tra vivi.

L’articolo 2556 cod.civ. detta due regole per il trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda nel suo complesso: nel primo comma una regola relativa alla forma dell’atto di trasferimento e nel secondo comma una relativa alla pubblicità del trasferimento.

Viene prevista la forma scritta ad probationem per i contratti che attuano la circolazione dell’azienda intesa come complesso unitario, salvo che sia prevista una forma più forte per il trasferimento dei singoli beni o per la natura del contratto. La soluzione pluralistica per le forme adottata dal legislatore determina che solo l’adozione della forma più forte per il trasferimento dell’azienda garantisce all’acquirente l’acquisto di tutti gli elementi dell’azienda stessa.

È prevista una regola di pubblicità per il trasferimento, che è individuata nell’iscrizione del contratto nel registro delle imprese.

5. L’articolo 2558 cod.civ. è quello che più degli altri esprime la volontà del legislatore di tutelare l’unità dell’azienda, in quanto prevede il trasferimento, senza bisogno del consenso delle altre parti, di tutti i rapporti stipulati per l’esercizio dell’azienda.

La norma prevede quindi il trasferimento sia dei contratti volti all’acquisizione di beni e servizi per l’esercizio dell’azienda cosiddetti contratti di azienda, sia dei contratti relativi ai rapporti in corso con la clientela, definiti contratti di impresa. Questa disposizione fa sì che l’acquirente possa acquisire immediatamente beni o servizi funzionali all’esercizio dell’azienda e contemporaneamente entrare in contatto con la clientela della stessa.

L’applicazione di tale norma presuppone chiaramente che il contratto non abbia avuto esecuzione da entrambe le parti, in quanto in ipotesi di un contratto già eseguito, residuerebbe o un credito o un debito, il cui trasferimento è disciplinato dagli articoli e 2560 cod.civ.

6. La disposizione tutela l’interesse dell’acquirente a poter immediatamente proseguire l’attività dell’impresa e quello dell’alienante, che non avrebbe interesse alla conservazione di tali contratti una volta ceduta l’azienda.

E’ una disposizione eccezionale rispetto alla tutela prevista dal diritto comune per il terzo contraente.

Infatti è consentito il trasferimento del contratto senza il consenso di una delle parti ed anche la liberazione dell’alienante, liberazione non prevista come disciplina generale dall’articolo 2560 cod.civ. per il trasferimento dei debiti dell’azienda.

Questa deroga viene giustificata solitamente dalla considerazione che il terzo è garantito in relazione alla esecuzione del contratto dal trasferimento dell’intero complesso aziendale, mentre la sua corrispettiva posizione debitoria gli offre una tutela con la possibilità di ricorrere ai rimedi previsti dal diritto comune per la tutela dei rapporti ineseguiti ex utroque latere.

Sono sottratti alla disciplina dell’articolo 2558 cod.civ. i rapporti con carattere personale i quali, per essere trasferiti insieme all’azienda, richiedono il consenso della controparte ceduta. È prevista poi la possibilità del recesso dal contratto per giusta causa.

Una disciplina particolare è prevista, per i contratti di lavoro dall’articolo 2112 cod.civ di cui viene disposto, con una norma imperativa, il trasferimento all’acquirente a tutela del lavoratore e non si prevede la possibilità di patto contrario.

7. L’articolo 2559 1° comma cod.civ. disciplina gli effetti della cessione dell’azienda sui crediti aziendali, vale a dire quei crediti di cui l’imprenditore cedente risulta titolare al momento della cessione a seguito dell’esercizio dell’attività di impresa e stabilisce che la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto nei confronti dei terzi dal momento dell’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese, tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante.

Vi è una deroga assai significativa alla disciplina di carattere generale prevista dall’articolo 1260 cod.civ. e seguenti, mentre nulla viene disposto con riguardo alla disciplina del trasferimento dei crediti nei rapporti tra le parti, vale a dire tra cedente e cessionario dell’azienda.

L’articolo 1265 cod.civ. prevede che, in caso di contrasto fra parti aventi causa dallo stesso cedente, prevale colui il quale per primo ha notificato la cessione del credito al debitore ceduto o che per primo abbia ottenuto l’accettazione da parte dello stesso debitore. Di conseguenza è la notifica della cessione o l’accettazione della cessione il criterio per risolvere eventuali conflitti fra più aventi causa dallo stesso cedente.

Invece l’articolo 2559 cod.civ. prevede che l’efficacia della cessione del credito sia legata ad una sorta di notifica collettiva, ossia l’iscrizione del contratto di trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese, e l’adempimento di tale formalità determina l’acquisto dei crediti aziendali da parte dell’acquirente, acquisto che diventa opponibile sia ad eventuali acquirenti in conflitto sia ai creditori dell’alienante.

Con riguardo alla posizione del debitore ceduto manca una espressa regolamentazione nella norma. Applicandosi la disciplina generale dovrebbe ritenersi l’efficacia immediata del trasferimento salvo, secondo le disposizioni dell’articolo 2559 1° cod.civ, la circostanza che il debitore è liberato se paga all’alienante ignorando in buona fede che questi non è più creditore.

8. Come si è detto l’articolo 2559 cod.civ. nulla dispone in relazione alla sorte dei crediti aziendali nei rapporti fra le parti del contratto di cessione di azienda. Vi è contrasto sulla circostanza che la cessione di azienda trasferisca o meno ipso iure anche i crediti aziendali, oppure se sia richiesta un’espressa pattuizione fra le parti, una clausola inserita nel contratto di cessione che regoli il trasferimento o meno dei crediti aziendali.

La soluzione è strettamente correlata alla nozione di azienda e dei beni che costituiscono l’azienda. Infatti se i crediti vengono considerati parte dell’azienda, sicuramente la cessione degli stessi avviene contemporaneamente alla cessione dell’azienda. Se invece si ha una nozione di azienda in cui il termine beni sia da interpretare in senso letterale e strettamente giuridico, vale a dire solo le cose che possono formare oggetto di diritti ai sensi dell’articolo 810 cod.civ, allora i crediti non si trasferiscono automaticamente insieme all’azienda.

La dottrina si è divisa sulla necessità o meno di una espressa pattuizione, mentre la giurisprudenza, in contrasto con le teorie che affermano il trasferimento dei crediti al cessionario dell’azienda solo in presenza di espressa pattuizione, ritiene che con la cessione dell’azienda si determini il trasferimento automatico di ogni credito aziendale insieme ad ogni altro elemento dell’universalità.

Infatti è orientamento consolidato, Cass. 13 giugno 2006, n. 13676 – che: – la cessione dell’azienda, a norma dell’art. 2559 cod. civ., ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l’universitas e senza necessità di una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento, di tutti i crediti inerenti alla gestione dell’azienda ceduta (Cass. 27 marzo 1996, n. 2714; Cass. 5 maggio 1995, n. 4873, che qualifica il fenomeno come una cessione ex lege; Cass. 9 settembre 1978, n. 4094; Cass. 13 luglio 1973, n. 2031; Cass. 22 gennaio 1972, n. 171); – presupposto della cessione del credito, in tal caso, è la sua inerenza alla gestione dell’azienda, mentre ricorrendo tale presupposto – un ostacolo estrinseco al trasferimento può derivare esclusivamente dalla volontà contraria delle parti del contratto di cessione d’azienda; espressamente sono stati qualificati compresi nella cessione di azienda i crediti risarcitori o altri di natura chiaramente extracontrattuale, purché appunto inerenti all’attività d’impresa.

9.3 L’articolo 2560 cod.civ, disciplina la sorte dei debiti aziendali in caso di trasferimento dell’azienda e regola i rapporti fra i contraenti ed i creditori aziendali. La norma non si occupa dei rapporti interni fra le parti del contratto di cessione di azienda, che secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalente sono libere di disciplinare come meglio credono la sorte dei debiti aziendali nei loro rapporti reciproci, adottando il regolamento privato di interessi che meglio risponde alle loro esigenze.

Si deve dare conto di una tesi minoritaria che ritiene il trasferimento automatico dei debiti nei rapporti interni fra le parti come effetto della cessione dell’azienda, tesi legata alla preventiva scelta di inserire I debiti aziendali fra gli elementi costitutivi dell’azienda.

L’articolo 2560 cod.civ al primo comma stabilisce che l’alienante non è liberato dai debiti inerenti al suo esercizio ed anteriori al trasferimento, se non risulta che creditori vi hanno consentito.

Il secondo comma dell’articolo 2560 cod.civ. prevede che presupposto essenziale per la responsabilità dell’acquirente è l’iscrizione dei debiti anteriori alla cessione di azienda nei libri contabili obbligatori.

10. Nella disposizione dell’art. 2560 cod.civ è rinvenibile una duplice ratio: la prima è quella di tutelare i terzi creditori, che avendo fatto affidamento sull’azienda per la realizzazione dei loro crediti, nel caso di trasferimento della stessa, potrebbero vedere diminuita la propria garanzia con la sostituzione di un importante bene del patrimonio del debitore con una somma di denaro, la cui nota volatilità metterebbe in pericolo la realizzazione dei crediti; la seconda è quella di tutelare l’interesse economico collettivo alla facilità di circolazione dell’azienda, che sarebbe sicuramente rallentata se il cessionario acquistando l’azienda non fosse messo in grado di conoscere esattamente l’esposizione debitoria di cui sarebbe responsabile insieme al cedente. Infatti secondo giurisprudenza costante la disciplina prevista dal secondo comma dell’art. 2560 cod.civ ,secondo cui l’acquirente risponde dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta soltanto se essi risultino dai libri contabili, è dettata non solo dall’esigenza di tutelare i terzi creditori, già contraenti con l’impresa e peraltro sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui al primo comma del medesimo art. 2560 cod. civ., ma anche da quella di consentire al cessionario di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti, specificità che va esclusa nell’ipotesi in cui i dati riportati nelle scritture contabili siano parziali e carenti nell’indicazione del soggetto titolare del credito, non potendosi in alcun modo integrare un’annotazione generica delle operazioni mediante ricorso ad elementi esterni di riscontro. Cass. 21/12/2012, n. 23828.

In caso di cessione di azienda, l’iscrizione dei debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e, data la natura eccezionale della norma (art. 2560 cod. civ.) che prevede tale responsabilità, non può essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta da parte dell’acquirente medesimo. Cass. 10/11/2010, n. 22831.

In dottrina è minoritaria la tesi che estende la responsabilità dell’acquirente anche a debiti aziendali che, pur non risultando dai libri contabili obbligatori, siano da lui concretamente conosciuti o conoscibili usando l’ordinaria diligenza al momento del trasferimento.

L’interesse tutelato dall’art. 2560 cod.civ è sicuramente indisponibile da parte dell’alienante e dell’acquirente ed è invece disponibile da parte dei creditori.

La giurisprudenza e la prevalente dottrina riconoscono il carattere imperativo della norma e ciò comporta che la stessa non può essere derogata da un accordo tra alienante e acquirente, mentre è pienamente derogabile in conformità dei principi di carattere generale, da un accordo fra acquirente e creditore.

12. La prevalente dottrina e la giurisprudenza concordano sulla circostanza che il presupposto perché operi la responsabilità per debiti dell’acquirente sulla base dell’articolo 2560 cod.civ. è che vi sia stato oggettivamente un trasferimento d’azienda, vale a dire il trasferimento di un complesso di beni organizzato ed idoneo a venir utilizzato per l’esercizio di un’attività di impresa.

Viene evidenziato da autorevole dottrina che essendo l’articolo 2560 cod.civ. una norma imperativa, posta a tutela dei creditori dell’imprenditore, attribuire alla volontà delle parti, alienante ed acquirente, il potere di stabilire se ciò che viene allenato costituisce o non costituisce azienda equivarrebbe a consentire alle parti interessate la possibilità di stabilire se sussistono o meno i presupposti per l’applicazione di una norma imperativa.

Anche la giurisprudenza ha affermato che ai fini del trasferimento dell’azienda, o di un ramo di essa, è necessario il trasferimento di un complesso di beni di per sé idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di una determinata attività d’impresa, requisito configurabile anche quando detto complesso non esaurisca i beni costituenti l’azienda o il ramo ceduti, ma per la sussistenza del quale è indispensabile che i beni oggetto del trasferimento conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all’esercizio dell’impresa Cass. 09/12/2005, n. 27286.

13. Rimane fermo quindi il principio che non è possibile cambiare il debitore senza il consenso del creditore. Il consenso dei creditori costituisce quindi causa estintiva della responsabilità dell’alienante per i debiti aziendali.

Si discute se il consenso debba riguardare genericamente la cessione di azienda o debba riguardare il singolo debito.

La dottrina dominante ritiene necessario che per la liberazione del debitore alienante sia necessario uno specifico consenso dei creditori che riguardi il trasferimento dei singoli debiti e non il generico consenso al trasferimento dell’azienda.

La regola generale prevede, quindi, che nel trasferimento dell’azienda i creditori aziendali possono contare sulla responsabilità sia dell’alienante che dell’acquirente, entrambi obbligati in solido.

La previsione della solidarietà dell’acquirente dell’azienda nella obbligazione relativa al pagamento dei debiti dell’azienda ceduta è posta a tutela dei creditori, e non dell’alienante: sicché, essa non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale, nel senso che il debitore effettivo rimane pur sempre colui cui è imputabile il fatto costitutivo del debito, e cioè il cedente, nei cui confronti può rivalersi in via di regresso l’acquirente che abbia pagato, quale coobbligato in solido, un debito pregresso dell’azienda, mentre il cedente che abbia pagato il debito non può rivalersi nei confronti dell’eventuale coobbligato in solido. Cass. 22/12/2004, n. 23780 .

Per la giurisprudenza si sarebbe in presenza di un accollo cumulativo ex lege, più precisamente si sarebbe in presenza per l’acquirente di una responsabilità senza debito, di una solidarietà sui generis, rimanendo il debito sempre nella responsabilità dell’alienante.

Sul punto si è sviluppata anche una tesi in senso opposto per cui sia nel trasferimento d’azienda come in quello di ramo d’azienda la titolarità dei debiti inerenti la cessione transita in capo al cessionario, avendo l’obbligazione solidale del cedente unicamente funzione di garanzia.

14. Delineata in tal modo la disciplina generale in relazione ai debiti nei trasferimento dell’azienda, deve osservarsi che rimane priva di espressa disciplina la sorte dei debiti aziendali in ipotesi di cessione di parte dell’ azienda, vale a dire di cessione del cosiddetto ramo d’azienda.

Anche in questo caso spetta all’interprete ricavare la disciplina applicabile prima di tutto definendo la nozione giuridica di ramo di azienda, tenendo conto della disciplina codicistica generale relativa al trasferimento dei contratti, dei crediti e dei debiti nella ipotesi di cessione di azienda, valutando quali interessi il legislatore ha ritenuto i, espressamente di tutelare nelle singole fattispecie.

15. La definizione di ramo di azienda è formulata dal legislatore nell’articolo 2112 cod.civ, articolo la cui ratio è di tutelare la stabilità del rapporto di lavoro nell’ipotesi di cessioni parziali dell’azienda.

Deve intendersi parte dell’azienda r articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, preesistente come tale al trasferimento, e che conserva nel trasferimento la propria identità. Anche il diritto comunitario (Direttive CE nn. 98/50 e 2001/23) richiede che il ramo d’azienda oggetto del trasferimento costituisca un’entità economica con propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati per un’attività economica, essenziale o accessoria.

Viene seguito dal legislatore un criterio oggettivo per stabilire quando vi è cessione di ramo di azienda, indipendentemente dalla volontà manifestata dalle parti, legato alle cessione effettiva di una parte funzionalmente autonoma dell’azienda, in vista delle tutela effettiva dei diritti dei lavoratori dell’azienda stessa.

Un riferimento a “rami di azienda” è contenuto nell’articolo 104 e seguenti della nuova legge fallimentare in relazione, fra l’altro all’esercizio provvisorio dell’impresa, che può essere limitato a specifici rami di azienda, come a specifici rami può essere limitato l’affitto o la cessione.

Previsioni simili sono contenute anche nei vari tipi di amministrazione straordinaria volte a garantire la sopravvivenza dell’azienda e soprattutto dei rami economicamente validi della stessa, nella disciplina relativa al trasferimento del portafoglio delle imprese di assicurazione.

16. Considerato che l’elemento caratterizzante la cessione di ramo d’azienda è r identità funzionalmente autonoma dell’entità economica trasferita, idonea a consentire l’inizio o la continuazione di una determinata attività di impresa; tenuto conto che la ratio dell’articolo 2560 cod.civ. è quella di impedire che creditori dell’imprenditore vengano privati mediante l’alienazione dell’azienda di quei beni sui quali particolarmente hanno fatto affidamento quale garanzia dei loro crediti, pur salvaguardando contemporaneamente l’interesse economico della collettività alla facile circolazione dell’azienda ;che tale norma è dalla generalità degli operatori del diritto ritenuta inderogabile, non vi può essere dubbio sull’applicabilità dellart.2560 cod.civ. anche nel trasferimento di un ramo dell’azienda, che proprio perché è un complesso produttivo che ha una autonoma capacità di iniziare o proseguire l’attività di impresa, nel suo insieme costituisce un elemento patrimoniale di cui i creditori dell’impresa hanno tenuto conto per la garanzia del loro crediti.

Il modo secondo cui si deve applicare l’articolo 2560 2° comma cod.civ. in ipotesi di cessione di ramo di azienda presenta particolari aspetti di delicatezza.

17.Si osserva che nella controversia oggetto del presente giudizio è stato accertato in via definitiva che fra il S. e la F. s.p.a, ora G.M. vi è stata una cessione di ramo di azienda: il S. ha tenuto per sé l’attività di macelleria, mentre ha ceduto alla società P. l’attività costituita da tutti I restanti reparti del supermercato.

Non è contestato che il debito, pregresso alla cessione, di cui la G.M. è chiamata a rispondere come acquirente del ramo di azienda, è relativo ad una fornitura di carne.

La Corte d’appello ha ritenuto che pur in presenza di cessione di ramo di azienda, in considerazione della circostanza che la società cedente aveva una contabilità unitaria e non separata per il ramo ceduto, l’acquirente doveva rispondere in solido con l’alienante di tutti debiti aziendali, e quindi anche del debito oggetto della presente controversia, relativo alla parte dell’azienda rimasta in proprietà del cedente.

18. Sul punto deve ricordarsi che una autorevole dottrina è giunta a risultati sostanzialmente opposti a quelli dalla Corte di appello, vale a dire ha ritenuto che si potesse applicare, seppur in via analogica, l’articolo 2560 2° comma cod.civ solo nell’ipotesi che, nel trasferimento di un ramo d’azienda ( o sede secondaria) fosse stata tenuta volontariamente dall’imprenditore una contabilità distinta, sia pure inquadrata nel complesso delle scritture contabili obbligatorie.

In mancanza di contabilità distinta, l’acquirente non è tenuto a rispondere dei debiti aziendali.

19. In dottrina, poi, nessuno degli autori che si è occupato della sorte dei debiti in ipotesi di trasferimento di ramo di azienda è giunto alla conclusione adottata dalla Corte di appello.

Si è detto che l’acquirente di un ramo di azienda risponde soltanto della parte del debiti concernenti il ramo o la parte dell’azienda ceduta ed, in proporzione dei debiti relativi alla gestione complessiva dell’impresa dell’alienante.

L’autore che in dottrina si è dedicato con particolare approfondimento alla questione ha osservato che non possono esservi dubbi sul trasferimento al cessionario dei debiti relativi al ramo di azienda ceduto quando l’alienante abbia tenuto una contabilità distinta, ma che sembra riduttivo legare solo alla tenuta di una contabilità distinta il trasferimento dei debiti.

Infatti seguire tale tesi determinerebbe come conseguenza la possibilità per l’imprenditore di liberarsi di un ramo dell’azienda o di dividere la stessa in tanti tronconi diversi, costituenti ciascuno un complesso aziendale, pregiudicando in tal modo i suoi creditori che verrebbero privati della garanzia dei loro credito.

D’altra parte non soddisfacente è la tesi scelta dalla Corte d’appello del trasferimento al cessionario del ramo di azienda, in mancanza di contabilità distinta, di tutti debiti aziendali .

Infatti tale soluzione si scontra con la ratio dell’articolo 2560 2° comma cod.civ che chiaramente effettua un bilanciamento fra l’interesse dei creditori a mantenere intatta la garanzia del loro credito e l’interesse economico alla facile circolazione dell’azienda, garantito dalla previsione per l’acquirente di conoscere esattamente i debiti di cui dovrà rispondere, che sono solo quelli risultanti dalle scritture contabili obbligatorie.

20. Alla luce della ratio della norma, deve affermarsi che nella cessione di ramo di azienda il bilanciamento di interessi previsto dal legislatore con l’articolo 2560, 2° comma cod.civ. si realizza solo ritenendo che l’acquirente di un ramo di azienda risponderà dei debiti che dalle scritture contabili risulteranno riferirsi alla parte di azienda a lui trasferita.

Egli invece non risponderà non solo dei debiti che dalle scritture contabili non risultino relativi alfa parte d’azienda da lui acquistata, ma nemmeno pro quota per i debiti relativi alla gestione complessiva dell’impresa dell’alienante.

Condividendo le conclusioni della dottrina più approfondita in materia, la Corte ritiene questa la sola soluzione che consente di rispettare il principio di cui all’art.2560 2° comma cod.civ. della responsabilità dell’acquirente per debiti oggettivamente risultanti dalle scritture obbligatone come attinenti all’azienda acquistata, senza sconfinare nel principio, non accolto dal legislatore, di responsabilità per debiti conosciuti o conoscibili come attinenti all’azienda.

21. Soccorre per i debiti, nella fattispecie di trasferimento di ramo di azienda il concetto di inerenza già utilizzato dalla giurisprudenza di legittimità per il trasferimento del crediti dell’azienda ceduta (Cass. 27 marzo 1996, n. 2714; Cass. 5 maggio 1995, n. 4873, che qualifica il fenomeno come una cessione ex lege, Cass. 9 settembre 1978, n. 4094; Cass. 13 luglio 1973, n. 2031; Cass. 22 gennaio 1972, n. 171);

Quindi, pur in presenza di una contabilità unitaria, l’acquirente di un ramo di azienda, è messo in grado di conoscere i debiti pregressi di cui dovrà rispondere con la consultazione dei libri contabili, individuando i debiti inerenti al ramo di azienda, è messo in grado di conoscere i debiti pregressi di cui dovrà rispondere con la consultazione dei libri contabili, individuando i debiti inerenti al ramo di azienda acquistato in vista della sua autonomia economica e funzionale.

L’applicazione del criterio utilizzato dalla Corte di appello determina inoltre una non giustificabile disuguaglianza fra l’acquirente di un ramo di azienda con contabilità separata, che risponderebbe solo dei debiti aziendali separatamente iscritti nelle scritture contabili, e l’acquirente di un ramo di azienda con contabilità unitaria, che secondo la tesi del giudici di merito risponderebbe di tutti debiti aziendali pregressi.

22. Gli altri motivi di ricorso con cui si censura (2° motivo) l’affermazione della Corte di appello di non condivisione del criterio proporzionale adottato dal primo giudice; (3° motivo) l’omissione di motivazione ex art. 132 cod.proc.civ.; (4° motivo) l’erronea moltiplicazione dei provvedimenti di condanna, sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Brescia che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione e che dovrà attenersi al seguente principio: alla cessione di ramo di azienda è applicabile l’articolo 2560 cod.civ. e l’acquirente del ramo di azienda dovrà rispondere dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori inerenti alla gestione del ramo di azienda ceduto.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la Corte di appello di Brescia che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.

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