Corte di Cassazione

23 Aprile 2019

Cass. Civ, Sez. III, sentenza 27 gennaio 2017 n. 2043

Corte di Cassazione, III Sezione civile, sentenza 27 gennaio 2017, n. 2043

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con il ricorso in esame un creditore procedente impugna la sentenza che ha confermato la chiusura anticipata – pronunciata per di più di ufficio – del processo esecutivo avente ad oggetto beni immobili conferiti in un trust, sul rilievo dell’inesistenza giuridica del soggetto nei cui confronti il pignoramento era stato eseguito, siccome notificato al trust in persona del trustee e non invece a quest’ultimo.

2.- In particolare, G.A. aveva concesso ipoteca, a garanzia dei debiti contratti da Edil Tetti srl in favore del Banco Popolare soc. coop. in forza di mutuo fondiario del 19.1.01, su beni immobili siti in (OMISSIS), che egli aveva poi, con successivo atto in data 11.6.10 (trascritto il 17.6.10), conferito in un trust denominato Trust GJMA; sicchè, risolto il mutuo per inadempimento della mutuataria, il creditore ipotecario aveva notificato precetto – per sorta di Euro 301.344,42 – ai sensi dell’art. 603 cod. proc. civ. alla società debitrice principale ed al G. il 10.9.12, per poi pignorare quei beni con atto notificato tra il 24.9.12 ed il 3.1.13, trascritto alla Conservatoria dei RR.II. di Reggio Emilia il 14.2.13.

3.- Peraltro, di ufficio il giudice della relativa procedura esecutiva, iscritta al n. 73/13 r.g.e., con ordinanza 25.3.13 rilevò di ufficio l’inesistenza del soggetto nei cui confronti quella era stata instaurata, dovendo esso identificarsi nel trust e non potendo questo essere considerato un soggetto, sicchè, delibate pure come inopponibili le note di trascrizione del pignoramento e dell’atto istitutivo del trust, qualificò improseguibile l’esecuzione.

4.- Il creditore procedente propose opposizione con ricorso dep. il 15.4.13, dolendosi sia dell’ufficiosità del rilievo, sia dell’identificazione del soggetto in concreto esecutato, sia dell’esclusione di soggettività del trust anche solo ai fini della sua assoggettabilità ad azione esecutiva; e, definita la fase sommaria, il giudizio di merito fu incardinato e definito con sentenza resa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., all’ud. 25.2.14 (recante il n. 307), di rigetto dell’opposizione: per la cui cassazione ricorre oggi il Banco Popolare Società Cooperativa, affidandosi a nove motivi, non espletando gli intimati attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5.- Il ricorrente Banco Popolare Società Cooperativa lamenta:

– col primo motivo, “nullità della sentenza ex art. 156 c.p.c., comma 2, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”:

– col secondo motivo, “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento alla rilevabilità d’ufficio del vizio di inesistenza del soggetto esecutato”;

– col terzo motivo, “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento alla erronea individuazione del soggetto esecutato ed alla correlata declaratoria di improseguibilità dell’esecuzione”;

– col quarto motivo, “violazione o falsa applicazione dell’art. 121 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 3, e art. 164 c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”;

– col quinto motivo, “violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., in relazione agli artt. 492, 555 e 604 c.p.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3))”;

– col sesto motivo, “violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione agli artt. 2, 11 e 12 Cost., adottata a L’Aja 11 luglio 1985 e ratificata con L. n. 364 del 1989, e al D.P.R. n. 817 del 1986, art. 73, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”;

– col settimo motivo, “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento alla mancata pronuncia sulla violazione dell’art. 2650 c.c., art. 2652 c.c., comma 1, n. 6, e art. 2655 c.c.”;

– con l’ottavo motivo, “violazione o falsa applicazione dell’art. 2652 c.c., comma 1, n. 6, e art. 2665 c.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) “;

– con il nono motivo, “violazione o falsa applicazione dell’art. 2650 c.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

6.- I motivi vanno opportunamente raggruppati nelle tematiche principali: la sufficienza della motivazione sui motivi di opposizione; la legittimità di un rilievo ufficioso dell’inesistenza del soggetto della procedura esecutiva; la soggettività giuridica del trust, quand’anche limitatamente ai fini dell’esecuzione sui beni immobili in esso conferiti; la validità della trascrizione dell’atto istitutivo del trust.

7.- Sono infondate le doglianze sull’insufficienza della motivazione: la ratio decidendi è invero chiaramente, sebbene concisamente, espressa anche con riferimento all’ordinanza oggetto di impugnazione; mentre neppure il diritto al giusto processo, anche come elaborato dalla giurisprudenza dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo in relazione all’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, fonda in capo al giustiziabile un diritto ad una risposta specifica ed esplicita a tutti gli argomenti addotti, bensì solo a quelli decisivi (per tutte, fin da Corte eur. dir. Uomo, Ruiz Torija c. Espagne, 9 dicembre 1994, p.p. 29-30, fino alla recente Corte eur. dir. Uomo, 21 giugno 2016, Tato Marinho dos Santos Costa Alves dos Santos e Figuereido c. Portogallo, ric. nn. 9023/13 e 78077/13, p. 50): e, in quest’ottica, chiaramente decisivi, benchè motivati concisamente, sono gli argomenti sviluppati nella qui gravata sentenza, in quanto assorbenti di ogni altra questione.

8.- Neppure è fondata la complessiva doglianza sulla ufficiosità del rilievo dell’inesistenza del soggetto esecutato.

9.- Rientra, invero, di certo nei poteri ufficiosi del giudice dell’esecuzione il riscontro delle imprescindibili condizioni dell’azione esecutiva e presupposti del processo esecutivo, quelli cioè in mancanza anche sopravvenuta – dei quali quest’ultimo non può con ogni evidenza proseguire o raggiungere alcuno dei suoi fini istituzionali e va chiuso anticipatamente, al di là e a prescindere di ogni espressa previsione normativa di estinzione (così definite le ipotesi di chiusura anticipata già da Cass., ord. 10 maggio 2016, n. 9501).

10.- Un rilievo ufficioso è stato già riconosciuto legittimo quanto alla titolarità in capo al debitore del diritto reale oggetto di pignoramento (Cass. 26 maggio 2014, n. 11638; Cass. 3 aprile 2015, n. 6833); ma l’ufficiosità del rilievo di quelle condizioni e di quei presupposti va ribadita in generale, in funzione della particolare struttura del processo esecutivo, in cui l’istituzionale carenza di contraddittorio in senso tecnico per l’assenza di controversie in punto di diritto (salvi gli incidenti – o parentesi – cognitivi costituiti soprattutto dalle opposizioni), in uno alla altrettanto istituzionale soggezione processuale di uno dei due soggetti necessari – e cioè del debitore – all’altro, cui è riconosciuto il potere di impulso e cioè al creditore, devono allora essere compensate da una più intensa potestà di verifica anche formale della sussistenza di condizioni e presupposti per la corrispondenza del processo stesso alla sua funzione.

11.- Tale accentuato ruolo di controllo del giudice dell’esecuzione è funzionale almeno al superiore interesse della regolarità delle operazioni dell’ufficio giurisdizionale, dal quale gli estranei sollecitati a coinvolgersi nel processo – come i potenziali aggiudicatari, peraltro indispensabili affinchè l’espropriazione si completi con la liquidazione del bene del debitore al fine del soddisfacimento almeno parziale dei crediti azionati devono potersi attendere affidabilità ed attendibilità, sia per un’opzione ricostruttiva di valenza assiologica assoluta che per la convenienza anche esclusivamente utilitaristica di garantire la massima funzionalità possibile del meccanismo in sè considerato.

12.- Precisato peraltro che non gli incombe certo la risoluzione di alcuna controversia o l’espletamento di indagini particolari, proprie le une e le altre del giudizio di cognizione a parti contrapposte, è pertanto doveroso per il giudice rilevare, quando essa risulti ictu oculi, la carenza radicale di quelle condizioni dell’azione o presupposti processuali, tra cui rientra certamente la giuridica inesistenza del soggetto nei cui confronti è stato eseguito il pignoramento.

13.- In tal caso, la vendita per la quale si insta sarebbe ab origine caduca, tale da riversare sul potenziale incolpevole aggiudicatario un’interminabile serie di problemi particolarmente complessi, per fare fronte ai quali è obiettivamente aleatoria la garanzia per evizione pure incombente al creditore, sicchè si vanificherebbe l’esigenza di tutela dell’affidamento sulla ritualità del trasferimento, che una vendita comunque proposta e gestita da un ufficio pubblico particolarmente qualificato, quale il giudice delle esecuzioni, normalmente susciterebbe.

14.- Correttamente quindi il giudice dell’esecuzione ha affrontato di ufficio la tematica dell’esistenza giuridica del soggetto esecutato e ha tratto, dalla conclusione della sua inesistenza, la conseguenza della non proseguibilità del processo esecutivo.

15.- Questa premessa consente di affrontare la tematica delle modalità del pignoramento di beni conferiti in trust alla stregua della giurisprudenza già consolidata di questa Corte in ordine alla natura di quest’ultimo e che non si vede alcun valido motivo di modificare: istituto che è ivi costantemente definito non già quale ente dotato di personalità giuridica, ma quale semplice insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, formalmente intestati al trustee.

16.- Infatti, “con il trust alcuni beni vengono posti sotto il controllo di un fiduciario, il trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari e per un fine determinato. Secondo quanto prevede l’art. 2 della Convenzione dell’Aja dell’1 luglio 1985, resa esecutiva in Italia con la L. 16 ottobre 1989, n. 364, il vincolo di destinazione mantiene i beni in trust distinti dal patrimonio del trustee, cui è demandato di “amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”; benchè il trust non abbia personalità giuridica, dunque, il trustee è l’unico soggetto legittimato nei rapporti con i terzi, in quanto dispone in esclusiva del patrimonio vincolato alla predeterminata destinazione” (Cass. 22 dicembre 2015, n. 25800).

17.- Di conseguenza, è il trustee l’unica persona di riferimento con i terzi e non quale legale rappresentante, ma quale soggetto che dispone del diritto (Cass. 18 dicembre 2015, n. 25478; Cass. 20 febbraio 2015, n. 3456): e ciò in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito (Cass. 9 maggio 2014, n. 10105), sulla base delle ampie argomentazioni sviluppate nei precedenti di questa Corte, ai quali stima il Collegio opportuno dare continuità mediante un mero richiamo.

18.- Quale ulteriore conseguenza, va escluso che possa ritenersi in alcun modo il trust titolare di diritti e tanto meno destinatario di un pignoramento che abbia ad oggetto i medesimi: e l’applicazione di tale pacifica conclusione della giurisprudenza di questa Corte al campo delle esecuzioni civili porta all’ulteriore corollario che i beni conferiti nel trust debbono essere pignorati nei confronti del trustee, perfino a prescindere dall’espressa spendita di tale qualità, relegando ad una valutazione di mera opportunità – e quindi di mera facoltatività – un’apposita menzione dell’appartenenza di quelli ad una massa separata o segregata, quale in genere viene ricostruito il patrimonio che il trust compone.

19.- Al contrario, un pignoramento che colpisca beni che si prospettano nella – formale e separata – titolarità di un trust prospetta una fattispecie giuridicamente impossibile secondo il vigente ordinamento interno e, quindi, insanabilmente nulla per impossibilità di identificare un soggetto esecutato giuridicamente possibile, siccome inesistente e quindi insuscettibile tanto di essere titolare di diritti che – soprattutto e per quanto rileva ai fini della proseguibilità del relativo processo esecutivo di subire espropriazioni (cioè coattivi trasferimenti) dei medesimi.

20.- Pertanto, correttamente la gravata sentenza esclude la validità del pignoramento eseguito nei confronti del trust anzichè del trustee.

21.- Neppure può dirsi che, con le espressioni in concreto adoperate ed adeguatamente prese in considerazione dal giudice dell’esecuzione prima e dal giudice della qui gravata sentenza poi, possa ritenersi che il pignoramento sia stato riferito alla persona del trustee in tale qualità; le testuali espressioni adoperate, soprattutto con la nota di trascrizione (che univocamente identifica nel solo trust il soggetto contro cui è eseguita la formalità) non lasciano dubbi in ordine all’identificazione del soggetto esecutato quale appunto il trust come se fosse soggetto di diritto o “entificato”, mentre le esigenze di rigore formale che permeano il regime di pubblicità immobiliare non consentono di interpretare il pignoramento e la relativa nota di trascrizione come riferiti, anzichè al trust in persona del trustee, a quest’ultimo di persona, ma in detta specifica qualità: e con questo si devono disattendere anche le relative censure mosse prima in sede di opposizione agli atti esecutivi e poi con il ricorso per cassazione.

22.- Nè il fatto che una, per quanto limitata, soggettività giuridica si riconosca a prescindere dalla personalità in senso stretto anche ad altri enti può giovare al creditore del trust; e questo:

– non solo per l’ontologica diversità delle fattispecie prese a riferimento (associazioni non riconosciute, società di persone, fondi di investimento) rispetto al trust, che mantiene ferma la titolarità dei beni e dei rapporti, in cui si risolve, in capo al trustee, solo fondando in capo al beneficiario diritti assimilabili a diritti relativi nei confronti di quest’ultimo e dando luogo, a tutto concedere, ad una massa segregata del patrimonio del trustee (e – soprattutto nel caso dei trust autodichiarati – fermo il riscontro della meritevolezza dell’interesse perseguito nei contratti atipici così posti in essere o della validità della causa per non illiceità);

– quanto soprattutto perchè le altre fattispecie prese a parametro dalla ricorrente trovano un sicuro riferimento normativo, che consente di ancorare la manifestazione di volontà negoziale delle parti, nella direzione o con l’effetto di una per quanto limitata soggettivizzazione, ad una facoltà espressamente ed univocamente ad essa conferita dalla legge: ciò che istituzionalmente manca nella fattispecie del trust, per il contrario tenore testuale della sola disposizione di diritto interno (la vista norma di ordine di esecuzione della richiamata Convenzione dell’Aja, dove il trust continua ad essere definito un insieme di rapporti) e l’insufficienza del richiamo ad eventuali diversi ordinamenti stranieri prescelti dalle parti a modello della autoregolamentazione concreta, visto che quell’istituto è in genere ricostruito anche negli ordinamenti di provenienza, soprattutto anglosassoni, come privo di soggettività autonoma, oltretutto nel senso romanistico o di civil law.

23.- Pertanto, neppure erra la gravata sentenza nell’escludere la riferibilità degli atti del processo esecutivo al trustee, in dipendenza della loro struttura testuale come prescelta dal procedente.

24.- Neppure è fondato l’ultimo gruppo di censure (motivi dal settimo al nono), relativo all’omessa pronunzia sulla validità delle formalità di pubblicità dell’atto istitutivo del trust e del suo pignoramento: subito precisandosi che esse possono esaminarsi nel merito nonostante in effetti la qui gravata sentenza non abbia preso in considerazione le corrispondenti doglianze dell’opposizione agli atti esecutivi, in tal senso potendo applicarsi il principio desumibile dall’art. 384 c.p.c., u.c., come interpretato fin da Cass. 1 febbraio 2010, n. 2313 (che consente appunto di integrare la motivazione su censure di cui sia stata omessa la disamina in appello, ove se ne rilevi l’infondatezza).

25.- Il ricorrente ripropone la tesi della preclusione in sede esecutiva di ogni controllo sulla validità o meno, ovvero sulla nullità o meno, delle dette formalità in dipendenza delle modalità del loro riferimento al trust: cioè, in quanto eseguite nei confronti del trust ed asseritamente – ma senza che tanto risulti dal quadro relativo ai soggetti – in persona del trustee, anzichè direttamente nei confronti di quest’ultimo, menzionando o meno la relativa qualità adeguatamente, come ad es. nel quadro “D” della nota di trascrizione.

26.- Si sottrae invero a censura l’argomentazione, svolta dal giudice dell’esecuzione (ma non da quello dell’opposizione, che sul punto tace, omettendo di pronunziarsi) e riportata dall’odierno ricorrente quale resa oggetto della sua opposizione agli atti esecutivi, sulla legittimità di una mera considerazione incidentale, in quella sede, della nullità delle dette formalità per assoluta incertezza indotta dall’inesistenza del soggetto.

27.- Ed invero:

– da un lato, la continuità delle trascrizioni presuppone comunque l’esistenza dei soggetti (e dei beni) cui esse si riferiscono, tanto che, in difetto di corrette generalità identificative, non si producono effetti nei confronti dei terzi ed a favore di chi la formalità esegue (Cass. 7 giugno 2013, n. 14440);

– dall’altro lato, effettivamente non compete alla sede del processo di esecuzione o a quella della successiva opposizione agli atti esecutivi la cognizione della relativa controversia in via principale, solo spettando ai giudici dell’uno e dell’altra una delibazione della non correttezza per il rilievo dell’inesistenza del soggetto che in base alla primitiva formalità sarebbe divenuto titolare dei diritti poi pignorati: ciò a cui almeno il primo si è correttamente limitato.

28.- Tuttavia, in via dirimente può osservarsi che da ogni questione su validità o nullità di dette formalità può ben prescindersi, imponendo il rilievo della carenza di una condizione dell’azione esecutiva la necessità, sopra ricostruita, di un controllo formale ufficioso di quanto ictu oculi traspare dagli atti sull’insussistenza di quelle, ogniqualvolta il soggetto esecutato è manifestamente, tanto derivando dalla sua stessa definizione giuridica, inesistente.

29.- Pertanto, la censura è stata correttamente disattesa, sia pur all’esito di una non corretta omessa disamina: ma, essendo il dispositivo conforme a diritto, la fondatezza della doglianza qui sviluppata di omessa pronuncia non può condurre alla cassazione, sul punto, della sentenza impugnata, di cui solo va integrata la motivazione nel senso ora detto.

30.- In conclusione, la gravata sentenza si è correttamente attenuta ai seguenti principi di diritto: poichè legittimamente il giudice dell’esecuzione verifica anche di ufficio l’esistenza del soggetto nei cui confronti è intentata la procedura esecutiva, va disposta la chiusura anticipata di una procedura seguita al pignoramento di beni immobili eseguito nei confronti di un trust in persona del trustee, anzichè nei confronti di quest’ultimo, visto che il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, nè di soggettività, per quanto limitata od ai soli fini della trascrizione, ma un mero insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che rimane l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto; e neppure ostando a tale conclusione la nota di trascrizione del negozio di dotazione del trust, che non fonderebbe una valida continuità di trascrizioni con un soggetto inesistente.

31.- Il ricorso va così rigettato, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo le parti intimate qui svolto attività difensiva.

32.- Deve trovare applicazione – mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955) – il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, di questa.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017

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