Corte di Cassazione

19 Aprile 2019

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 9 marzo 2018, n. 5843

Corte di Cassazione, I sezione civile, ordinanza 9 marzo 2018, n. 5843

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16735/2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta mandato steso a margine del ricorso, dall’Avv.to (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, alla (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), in persona dell’amministratore di sostegno pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso il loro studio alla (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in grado di appello, dagli Avv.ti (OMISSIS);

– resistente non costituito –

avverso la sentenza n. 633 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 30 gennaio 2014;

ascoltata la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2018, dal Consigliere Paolo Di Marzio;

letta la memoria depositata dalla ricorrente.

La Corte osserva:

FATTI DI CAUSA

il presente giudizio e’ la conseguenza di una lite insorta tra coniugi separati, a seguito dello scioglimento della comunione legale dei beni. Il marito separato era comproprietario con il padre di un terreno in (OMISSIS), su cui e’ stato costruito un villino. La moglie separata, odierna impugnante, ha quindi domandato al Tribunale di Roma di condannare il marito separato a corrisponderle una somma pari all’incremento di valore dell’immobile conseguente all’edificazione del fabbricato, nonche’ la declaratoria della simulazione, nullita’ o inefficacia, della intervenuta vendita (di quota) del bene (il villino) da parte dell’odierno controricorrente in favore di suo padre, resistente nel presente grado del giudizio e suocero della ricorrente.

Il giudice di prime cure accoglieva l’azione revocatoria e rigettava le ulteriori domande. La Corte d’Appello di Roma, rilevato un vizio insanabile nella costituzione del contraddittorio, dichiarava la nullita’ della sentenza di primo grado. Il Tribunale di Roma, nuovamente adito, si pronunciava ancora per l’accoglimento dell’azione revocatoria e dichiarava inefficace la vendita del villino, dal figlie al padre, nei confronti della odierna ricorrente. Rigettava le ulteriori domande.

Mediante la decisione oggi impugnata, sent. n. 633 del 7.1.2014, depositata il 30.1.2014, la Corte d’Appello di Roma ha rigettato le impugnazioni, principale ed incidentale, proposte dalle parti, e confermato pertanto l’accoglimento della sola domanda di revocatoria ordinaria.

La Corte capitolina ha dichiarato di condividere la valutazione espressa dal giudice di prime cure, secondo il quale la domanda della moglie separata di conseguire il rimborso della meta’ delle somme spese dal marito separato per l’edificazione dell’immobile doveva considerarsi tardivamente proposta, avendo in origine la donna domandato la corresponsione di una somma pari alla meta’ dell’incremento di valore conseguito dall’immobile di cui il marito separato risultava essere comproprietario, in conseguenza dell’edificazione del villino. La Corte d’Appello ha pure dichiarato di condividere le ulteriori valutazioni espresse dal giudice di prime cure, secondo cui la odierna ricorrente non aveva provato che il villino fosse stato costruito con somme anche proprie o della comunione. All’osservazione della odierna ricorrente, la quale aveva sostenuto di non dover fornire prove in merito, ai sensi dell’articolo 177 c.c., che disciplina la c.d. comunione de residuo, risultando pacifico che la costruzione era stata effettuata dal coniuge, in base a quanto emergente dagli atti, con redditi propri, la Corte di merito ha replicato che la costruzione non era caduta in comunione, prevalendo sulla stessa il regime dell’acquisto a titolo originario per accessione. Non risultava pertanto pertinente il richiamo all’articolo 177 c.c., che disciplina il regime degli acquisti a titolo derivativo. La Corte territoriale ha ritenuto quindi che la ricorrente, cui pure doveva senz’altro riconoscersi la veste di terzo in relazione al negozio, non avesse fornito la prova dell’intervenuta simulazione della vendita tra padre e figlio. Doveva invece confermarsi l’accoglimento dell’azione revocatoria, perche’ sussistevano sufficienti elementi relativi al marito separato, quali: la sua malattia psichica e la perdita del lavoro, per far ritenere provato, in via presuntiva, che il padre del marito, acquirente della quota dell’immobile, fosse ben a conoscenza delle difficolta’ del figlio.

Avverso la decisione della Corte d’Appello di Roma (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso marito separato (OMISSIS), in persona dell’Amministratore di sostegno pro tempore. Il suocero, (OMISSIS), non si e’ costituito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la impugnante contesta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., per non avere la Corte d’Appello correttamente applicato le regole legali in materia di prova della simulazione del contratto. La Corte territoriale, infatti, ha operato riferimento solo ad alcuni elementi segnalati dalla odierna ricorrente, quali: il prezzo di vendita dell’immobile inferiore a quello di mercato, la mancata prova del pagamento del prezzo, il dato di fatto che le quietanze prodotte da controparte non proverebbero la reale corresponsione del prezzo se non in modesta misura, la circostanza che il marito separato, preteso alienante, era rimasto a vivere nel villino di cui avrebbe venduto la propria quota. La Corte di merito, pero’, ha totalmente omesso di prendere in considerazione gli ulteriori e numerosi indizi che l’impugnante provvedeva ad elencare, i quali, nel loro complesso, risultano idonei ad assicurare prova della simulazione.

1.2. – Con il secondo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la moglie separata censura la omessa pronuncia, e la violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ degli articoli 769 e 770 c.c., in relazione alla domanda di dichiarazione di nullita’ dell’atto di vendita di quota dal marito al suocero, in realta’ volto a mascherare una donazione non stipulata nelle forme di legge e percio’ nulla, come puo’ desumersi non solo dalla irrisorieta’ del prezzo formalmente pattuito, ma anche dal pagamento dello stesso in misura inferiore al quarto.

1.3. – Con il terzo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente critica la violazione o falsa applicazione dell’articolo 177 c.c., avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che costruzione di un immobile su di un fondo di proprieta’ esclusiva, da parte di uno coniugi in comunione legale, importi l’acquisizione in proprieta’ dell’immobile a titolo originario per accessione, conseguendone che il coniuge non proprietario del terreno potrebbe vedersi riconoscere soltanto un diritto di credito, e solo ove riuscisse a dimostrare che sono stati utilizzati per l’edificazione capitali propri o comunque della comunione. Diversamente, appartengono alla comunione i beni personali non consumati all’atto dello scioglimento del vincolo. Pertanto, “quando un coniuge in regime di comunione legale utilizza denaro personale (tale e’ il reddito da lavoro) per implementare il suo patrimonio personale, cio’ fa in danno della famiglia e cioe’ della comunione, e l’altro coniuge ha diritto al ristoro: occorre infatti un meccanismo correttivo che attui i principi di equita’ che il legislatore ha voluto realizzare con l’adozione come ordinario del sistema della comunione legale” (ric. p. 8).

1.4. – Con il quarto motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la impugnante contesta la violazione o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in materia di ripartizione delle spese di lite, che sono state dichiarate interamente compensate tra le parti dalla Corte di merito, sebbene la odierna ricorrente fosse risultata in parte vittoriosa, mentre le controparti erano rimaste interamente soccombenti in ordine alla loro domanda incidentale.

Deve innanzitutto esaminarsi una questione preliminare, del resto evidenziata nel suo scritto difensivo dal controricorrente.

Il mandato rilasciato dalla odierna ricorrente, a margine del ricorso, non risulta, di per se’, conferito con specifico riferimento al giudizio di legittimita’. La procura si compone infatti della generica formula: “Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l’avvocato…”.

In passato questa Corte aveva talora adottato un orientamento restrittivo, ed aveva dichiarato inammissibile il ricorso se la procura relativa allo stesso non avesse investito “il difensore espressamente del potere di proporre ricorso p r cassazione”, ad es., cfr. Cass. sez. 3, sent. 28.3.2006, n. 7084.

Contemporaneamente, pero’, era emerso anche un orientamento meno formale, che riteneva necessario interpretare la volonta’ della parte, ed affermava che il difetto della procura speciale: “e la conseguente incertezza in ordine alla effettiva portata della volonta’ della parte, non puo’ tradursi in una pronuncia di inammissibilita’ del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volonta’ che consenta all’atto di procura di produrre i suoi effetti, secondo il principio di conservazione dell’atto (articolo 1367 c.c.), di cui e’ espressione, a proposito degli atti del processo, l’articolo 159 c.p.c.”, non mancandosi di specificare che “l’apposizione del mandato a margine del ricorso gia’ redatto esclude di per se’ ogni dubbio sulla volonta’ della parte di proporlo, quale che sia il tenore dei termini usati nella redazione dell’atto”, Cass. sez. 1, sent. 7.3.2006, n. 4868, che riprende Cass. SU, sent. 10.4.2000, n. 108. Il caso esaminato da queste ultime condivisibili decisioni e’ proprio quello che ricorre nel presente giudizio: la procura e’ generica, ma e’ apposta a margine del ricorso per cassazione, cui e’ sicuramente riferibile. Il ricorso deve pertanto valutarsi ammissibile.

Tanto premesso:

2.1. – con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente contesta l’incompleto esame del materiale indiziario raccolto ad opera della Corte territoriale. L’impugnante propone in realta’, pertanto, essenzialmente la censura di un vizio della motivazione della decisione contestata per incompletezza, piuttosto che criticare una violazione di legge.

In proposito, la Corte di cassazione ha avuto di recente occasione di ribadire, confermando un orientamento cui il Collegio intende conformarsi, che “il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova puo’ essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva fondamento”, Cass. sez. 6-1, 7.3.2017, n. 5654. Non puo’ allora non rilevarsi che la ricorrente si e’ limitata a riportare nel ricorso per cassazione l’elenco degli elementi indiziari che ritiene la Corte territoriale abbia trascurato senza chiarire, in riferimento a questi ulteriori elementi indiziari allegati, quali di essi e per quale ragione, avrebbero dovuto necessariamente comportare una decisione in senso opposto, pertanto di accoglimento della domanda di simulazione. A tanto la ricorrente non ha provveduto, ed il motivo di ricorso deve percio’ essere dichiarato inammissibile.

2.2 – Con il secondo motivo d’impugnazione, l’odierna ricorrente contesta che la Corte territoriale non si e’ pronunciata sulla domanda di nullita’ dell’atto di acquisto della quota immobiliare del marito da parte del suocero, e comunque ha male applicato le norme in materia di donazione.

Il motivo di ricorso appare in parte inammissibile, e per la parte residua deve valutarsi infondato. In realta’ la Corte di merito ha adottato una chiara motivazione, scrivendo che non e’ sufficiente a provare la simulazione di una compravendita la prospettata irrisorieta’ del prezzo, non essendosi peraltro la ricorrente impegnata a dimostrare il reale valore del villino, ed essendosi invece limitata a domandare una CTU, da qualificarsi come esplorativa, al fine di dimostrare che non di una compravendita si fosse trattato, ma di una donazione nulla per difetto della stipula nelle forme di legge. Puo’ aggiungersi che l’accertato pagamento di soli 9.800.0000 di Lire da parte del padre, in luogo dei pattuiti 40.000.000 di Lire, e’ un evento che appare riconducibile, di per se’, ad un inadempimento contrattuale in relazione alla compravendita, piuttosto che risultare idoneo a provare l’intervenuta simulazione del contratto.

Il motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.

2.3 – Con il terzo motivo d’impugnazione, l’odierna ricorrente critica l’errore che ritiene abbia commesso la Corte d’Appello nell’affermare che la costruzione di un immobile su di un fondo di proprieta’ esclusiva, da parte di uno dei coniugi comunione legale, importi l’acquisizione in proprieta’ dell’immobile a titolo originario per accessione.

Occorre osservare, in proposito, che la giurisprudenza di legittimita’ appare consolidata nel ritenere che “il principio generale dell’accessione posto dall’articolo 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure la proprieta’ della costruzione su di esso edificata e la cui operativita’ puo’ essere derogata soltanto da una specifica pattuizione tra le parti o da una altrettanto specifica disposizione di legge, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprieta’ per accessione avviene a titolo originario senza la necessita’ di apposita manifestazione di volonta’, mentre gli acquisti ai quali e’ applicabile l’articolo 177 c.c., comma 1, hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di origine negoziale, con la conseguenza che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprieta’ personale di uno di essi e’ a sua volta proprieta’ personale ed esclusiva di quest’ultimo in virtu’ dei principi generali in materia di accessione, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione, spetta, previo assolvimento dell’onere della prova di aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine (Cassazione n. 20508/2010 e Cassazione n. 16670/2013). Questi chiari e condivisibili principi, applicati anche dalla Corte territoriale nella decisione impugnata, non si ritiene possano essere messi in discussione sul fondamento delle critiche della ricorrente che, invocando “un meccanismo correttivo che attui i principi di equita’ che il legislatore ha voluto realizzare”, propone osservazioni comprensibili sotto il profilo umano, che non trovano pero’ fondamento nell’ambito del diritto positivo.

Anche il terzo motivo di ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

2.4 – Con il quarto motivo d’impugnazione, la ricorrente censura il riparto delle spese di lite deciso dalla Corte capitolina, perche’ gli oneri in questione sono stati dichiarati interamente compensati tra le parti, mentre le controparti si erano viste rigettare completamente le loro domande incidentali, mentre lei aveva comunque conseguito l’accoglimento della domanda revocatoria.

In proposito occorre osservare che, per costante orientamento di questa Corte, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di Cassazione e’ pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa – fenomeno che non si e’ verificato nel caso in esame – con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (cfr., ex plurimis, Cass. n. 14349/12, nn. 17145 e 25270 del 2009), sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti.

In conseguenza il motivo di ricorso deve essere respinto.

Il ricorso introdotto da (OMISSIS), in definitiva, deve essere rigettato.

Le spese di lite del grado seguono la soccombenza tra le parti costituite.

Riscontrato che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto da (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese di lite in favore di (OMISSIS), in persona dell’Amministratore di sostegno pro tempore, e le liquida in complessivi Euro 3.000.00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis.

Dispone, ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, comma 5, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.

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